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Curiosità

Le Magie disturbate di Disney

Tre generazioni sono cresciute con le magie di Disney.

La nostra fantasia si è nutrita con i film della sua casa di produzione. Ci siamo emozionati con le storie dei suoi personaggi, abbiamo riso e pianto alle loro disavventure.

I nostri genitori ci hanno accompagnato a vedere i primi cartoni animati della saga disneyana (Bambi, Cenerentola, Biancaneve ed i sette nani, Alice…). Noi vi abbiamo portato figli e nipoti, contenti di ritrovare scene rimaste memorabili e di vedere i film di produzione più recente.

Disney ed i disturbi mentali dei suoi personaggi

Psicologi, psichiatri e antropologi si sono chiesti se la casa cinematografica Disney abbia scelto intenzionalmente di diffondere messaggi emblematici attraverso il comportamento dei personaggi scelti per i film di sua produzione.

Esistono teorie che ruotano intorno alla tendenza del cinema disneyano di rappresentare alcune patologie della psiche umana.

Fiabe ispiratrici

Come accade nelle fiabe che li hanno ispirati, i protagonisti di questi adattamenti cinematografici espongono evidenti rappresentazioni di alcuni disturbi mentali.

Simili riferimenti si trovano in tutte le classiche storie per l’infanzia, da quelle scritte dai fratelli Grimm a quelle di Perrault e di altri autori per bambini, italiani o stranieri, che hanno ispirato film prodotti dalla la compagnia cinematografica di Walt Disney.

I personaggi disneyani

Alcuni psichiatri hnno battezzato alcune patologie psichiche facendo riferimento al comportamento dei protagonisti di molti cartoni animati disneyani.

E allora, vediamo di analizzare cosa si nasconde, secondo gli esperti della psiche umana, dietro le coloratissime, attraenti facciate di questi film.

Sindrome di Alice E Todd

Alcuni mettono in relazione i protagonisti di ‘Alice nel paese delle meraviglie’ con la sindrome di Todd, a causa della relazione tra i sintomi di questa malattia e le strane esperienze della protagonista.

La sindrome di Todd si riferisce alle allucinazioni visive come distorsione di dimensioni, forme, colori e persino con la presenza di più immagini come sintomo principale .

Nel film possiamo cogliere la micropsia e la macropsia, due disturbi neurologici che influenzano la percezione di Alice nel vedere gli oggetti più piccoli o più grandi del normale.

Il Coniglio Bianco di Alice

Secondo questa visione neurologica, il coniglio bianco che in ‘Alice nel Paese delle Meraviglie’ appare con l’orologio tra le mani e l’ansietà negli occhi, soffrirebbe di un disturbo d’ansia generalizzato. Si tratta di una sindrome che porta all’esaurimento nervoso ed alla difficoltà di addormentarsi a causa della tensioni provocate dalla preoccupazione per i compiti quotidiani. Le persone soggette a questo disturbo possono soffrire anche di movimenti nervosi, involontari, come accade in chi soffre del disturbo di Tourette.

Sindrome di Ariel e Diogene

Le persone colpite dalla sindrome di Diogene tendono ad isolarsi in casa e ad accumulare oggetti di ogni genere. Per loro sarebbe quasi un sacrilegio gettarli via. Questa è una tipologia che di solito colpisce gli anziani.

Nel film ‘La Sirenetta’, Ariel è una giovane sirena che sogna di diventare un essere umano. Il suo passatempo preferito consiste nel raccogliere gli oggetti caduti dalle navi, per conservarli come un grande tesoro, proprio come fanno i pazienti con la sindrome di Diogene.

IL Ccomplesso di Bambi

Vogliamo parlare di Bambi, il protagonista di uno dei primi lungometraggi di Disney?

L’innocente cerbiattino ha dato il nome ad una sindrome che caratterizza persone sensibili, sentimentali e compassionevoli verso gli animali e, in genere, tutta la natura. Essendo iperprotettivi, amano prendersi cura dell’ambiente e sono ostili alle persone che compiono azioni dannose per il nostro pianeta.

La Bella e la Bestia – Sindrome di Stoccolma

La Sindrome di Stoccolma è una reazione psicologica in cui la vittima di un rapimento sviluppa un legame con la persona che la tiene prigioniera. In molti casi anche il rapitore prova dei sentimenti nei confronti della sua vittima, proprio come accade nel film ‘La Bella e la Bestia.’

Bella è una giovane donna che va alla ricerca del padre. Quando lo ritrova imprigionato nella casa di un uomo con il volto di bestia, si propone come scambio per liberarlo. Questa convivenza tra la bella e la besta li porterà ad innamorarsi.

Biancaneve e Narciso

In questo film la matrigna di Biancaneve rappresenta quel disturbo della personalità chiamato narcisismo, perché provoca un grande bisogno di essere ammirati.

Narciso era un bellissimo giovane che passava il tempo a rimirarsi nell’acqua, fino ad affogare nell’atto di baciare se stesso. La matrigna di Biancaneve usa uno specchio per assicurarsi di essere la più bella del reame e quando apprende che Biancaneve è diventata più bella di lei, la gelosia la spinge a tentare di ucciderla.

Sindrome di Peter Pan

Questo giovane impenitente ha dato il suo nome ad una sindrome che porta al rifiuto di diventare adulti.

Peter Pan è un orfano che preferisce vivere a Neverland, l’Isola che non cè, insieme ad un gruppo di bambini senza famiglia, proprio come lui. Tuttavia, sotto la sua maschera spavalda si nasconde la paura di misurarsi con la vita. Infatti, i pazienti affetti da questo disturbo non sono in grado di accettare il passaggio dall’infanzia all’età adulta.

Capitan Uncino

Hook, il personaggio conosciuto da noi come capitan Uncino, soffre di stress post-traumatico da quando la sua mano è stata mangiata da un coccodrillo. Questa sindrome porta ad essere perseguitati da ricordi disturbanti, portandoli a combattere l’ansia con l’iperattività.

La sindrome di Wendy

Non dobbiamo dimenticare un altro personaggio di Neverland. Wendy è la ragazza che ha seguito Peter Pan. Interpretando il ruolo di madre dei bambini perduti ha dato il nome alla sindrome di Wendy che è associata a quelle donne che amano esercitare il ruolo di madre.

Frozen E L’Agorafobia

L’agorafobia è il timore ossessivo di spazi aperti.

Elsa, la protagonista di Frozen, è affetta da questo disturbo dopo aver subito dei traumi a causa delle terribile esperienze subite durante la sua infanzia. All’inizio del film la giovane principessa perde i genitori in mare e sta per perdere anche la sorellina. Per questo motivo si è chiusa in sé e non vuole vedere nessuno.

Aladino e Jafar

Nel film basato sulla storia di Aladino, Jafar, il personaggio malvagio, rappresenta un sociopatico che soffre di disturbo antisociale della personalità. Coloro che sono affetti da questa malattia non sanno adattarsi alle norme sociali prestabilite.

La Bella Addormentata – Sindrome di KLENE-LEVIN

La sindrome di Klene-Levin è un raro disturbo neurologico, caratterizzato da lunghi periodi letargici. In questa fase vi è la possibilità di disturbi comportamentali e di amnesie che possono durare per settimane o mesi.

Aurora, la protagonista del film ‘La bella addormentata’, può rappresentare la sindrome di Klene-Levin. Cresciuta nella foresta grazie a tre fatine, un giorno si punge una mano per volere di Malefica, una fata cattiva. Da allora cade in un sonno profondo dal quale può risvegliarla solo un bacio di vero amore.

Cenerentola

In questo film si possono riscontrare varie patologie della psiche. La prima prende il nome dalla protagonista. Il complesso di Cenerentola è considerato una sindrome della personalità da dipendenza. sebbene non faccia parte dei disturbi neurologici accettati dall’OMS.

Solitamente, la sindrome di Cenerentola si verifica nelle donne che hanno idealizzato l’immagine maschile come il principe azzurro della fiaba di Perrault. Tendono a dipendere dal partner, con conseguente paura della separazione, e quando non corrisponde all’ideale che avevano immaginatoprovanouna grandissima frustrazione.

Il principe azzurro

La Prosopagnosia è una malattia neurodegenerativa che consiste nell’incapacità di riconoscere i volti delle persone. È una forma di agnosia visiva che colpisce il 2,5% della popolazione.

Dopo aver ballato con il Principe azzurro, Cenerentola fugge dalla reggia perdendo la scarpetta di cristallo. Il principe decide di provarla su tutte le fanciulle del paese e quando arriva davanti a Cenerentola la riconosce solo perché può indossare la scarpa che aveva perduto.

Pinocchio e le Bugie

La sindrome di Pinocchio consiste nel bisogno di mentire.

Al burattino di legno, ideato da Collodi, si allunga il naso ogni volta che dice una bugia.

Nella realtà non cresce il naso quando diciamo delle bugie, però può capitare che il nostro viso diventi rosso perché subiamo un aumento della temperatura corporea.

Pocahontas e la Sinestesia

La sinestesia è quella caratteristica umana che porta ad associare uno stimolo ad un senso diverso da quello da cui proviene. I pazienti con questa qualità affermano di vedere suoni, sentire colori o scoprire dei colori nel vento.

Quando Pocahontas insegna a John Smith le tradizioni della tribù native d’America, gli canta una canzone che descrive i colori del vento.

Rapunzel e il Disturbo Bipolare

Il disturbo bipolare è una malattia mentale che consiste in improvvisi cambiamenti di umore. Il paziente può essere sollecitato da sentimenti opposti, a breve distanza di tempo gli uni dagli altri.

Rapunzel, la protagonista del film Disney dai capelli immensamente lunghi, vive in cima ad una torre, dove è stata rinchiusa dalla sua presunta madre. Un giorno passa sotto la torre un giovane ladro che la incoraggia a lasciare la casa. Piena di curiosità, accetta di uscire, contenta di essere finalmente libera, ma una volta fuori, è in pena per il rimorso di aver disobbedito alla madre.

Winnie the Pooh

Anche i personaggi di Winnie The Pooh sono correlati ad alcune sindromi.

Winnie the Bear, per esempio, può essere associato ad un disturbo da alimentazione incontrollata, a causa della sua eccessiva golosità per il miele. Questa patologia porta a privilegiare determinati alimenti, mangiandone in quantità eccessive. I pazienti affetti dal disturbo da abbuffate compulsive sono spesso in sovrappeso, proprio come l’orsetto Winnie.

Pimpi

Pimpi il porcelletto, uno degli amici di Winnie, è sempre nervoso e preoccupato, imprigionato da una continua tensione. Anche lui soffre di ansia generalizzata, proprio come il Coniglio bianco di Alice nel Paese delle Meraviglie.

Tigro

È questo un altro amico di Winnie. Simpatico, leale, esuberante, è convinto di poter saltellare come fanno i canguri.

Questo personaggio potrebbe riferirsi al disturbo da deficit di attenzione (ADHD), una patologia caratterizzata da iperattività e problemi di concentrazione che portano a ripetere sempre gli stessi errori.

Ih Oh

L’asino amico di Winnie che perde costantemente la coda, si può configurare come affetto da depressione e pessimismo, che crede di scansare dormendo gran parte della giornata.

Quando è sveglio vaga avanti e indietro con espressione cupa e preoccupata.

Tappo

Nella serie di Winnie The Pooh, il coniglio Tappo passa tutto il suo tempo ad occuparsi del giardino, per mantenerlo costantemente curato e pulito.

Questo personaggio può essere correlato ad un disturbo ossessivo compulsivo (DOC).

I pazienti che ne soffrono possono diventare ossessionati da idee o atti specifici, ripetuti senza misura.

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La Cantatina dell’oca persa – Fiabe anziani

Festa grande sl castello de’ Ricci. Cavalieri, dame e donzelle, ben apparecchiati e lustri di ori e di gemme, passeggiano nelle sale e pei cortili e lungo le gallerie del castello, conversando amabilmente di questo e di quello.

È festa perché la bella principessa Rosa dé Ricci va in sposa al giovane principe Lisandro dé Lisci.

Sono liete le madri ed i padri dei due giovani e lieti sono i sudditi nel cantare e danzare perché Rosa va sposa e di questo matrimonio sono tutti contenti.

Tutti, o c’è un’eccezione? O che regola è se non c’è l’eccezione?

Andiamo a vedere cosa sta succedendo giù nelle cucine, dove i cuochi di casa dovrebbero lavorare a gomito ed armonia con quelli giunti al seguito dello sposo.

Accade che le due squadre di cucinieri si fronteggiano armati di padelle. La causa del trambusto è una povera oca che attende il suo destino sul banco di lavoro. Dovrà finire in pentola e poi in tavola, adorna di arance e limoni? O di prugne e pinoli?

-Prugne per guarnire l’oca, villani!

-Arance per accompagnare l’oca, bifolchi!

La pugna è immanente e imminente.

-Arance o battaglia!

-Prugne o battaglia!

E battaglia sia! Son pronti a guerreggiare i bellicosi cucinieri, agitando mestoli, ramazze e matterelli. Tum tututum, bam bam!!!

La grande cucina e la dispensa risuonano dei rumori della zuffa, inconsueti in un luogo più consono alla zuppa.

Noi si sa che l’oca è un animale paziente, molto paziente, e non è di gusti difficili. Per lei, arance o prugne, limoni o pinoli, tutto fa brodo, o meglio, tutto fa arrosto. Si è messa comoda nell’attesa che quei forsennati si ricordino che il loro mestiere è quello di portare in tavola la loro arte come strumento di concordia, e non di discordia. Quasi quasi si farebbe un sonnello quando, si dice la combinazione, da sotto al tavolo le arrivano le note di una canzone accompagnata da una voce in falsetto.

Penzoloni sul bordo del banco vede uno dei garzoni di casa che approfitta della rissa per scolarsi un boccale di Trebbiolo. È un bel ragazzo col ciuffo biondo e l’oca se ne innamora, anche perché la canzone è dedicata a lei.

A lei? Una serenata? Mai successo prima.

Sentiamo cosa propone la canzone del garzone ubriacone

-Questa è la cantatina dell’oca muta in attesa di far la sua figura. Batti la carne o scalco, batti con cura, ch’io risulti morbida e sfiziosa, con fiocchi e nastri più vezzosa, lustrami con gelatina odorosa ch’io sia bella quanto la sposa.

L’oca sospira. Quel romantico giovine ha colpito il suo cuore ed ella è ancora lì, pendula e sognante, quando due dei litiganti l’afferrano, uno per le zampe, l’altro per il collo e se la contendono come fosse un trofeo:

-Arance e limoni!

-Prugne e pinoli!

Lipperlì, contesa da tanti nerboruti giovani, lei si sente come Venere emergente dalle acque. E chi la tira di qua, e chi la tira di là, l’oca che si è fatta ammorbidire dall’amore e dalla vanità scivola dalle mani dei contendenti e come una freccia di Cupido se ne esce dalla finestra verso lidi meno lusinghieri ma più salutari.

Orrore! L’oca è fuggita! E ora? I cuochi delle due fazioni si guardano di sottecchi, col fare di monelli che hanno appena compiuto una grossa marachella, anzi, una maracona.

È l’ora di trovarsi solidali. Un breve dibattito li mette d’accordo. Lesti lavorano verdure, carote, patate dolci. Le lessano, le mischiano, le frullano, le rimpolpettano con uova e farina e cacio in abbondanza. Ed ecco pronta una bell’oca fatta e rifinita, con zampe, becco ed ali ben disegnate.

Un capolavoro, ecco cos’è. E allora, quelli che volevano prugne e pinoli sistemano in letizia arance e limoni, mentre gli altri prugnano e pinolano che è un piacere. E via in cottura. Bevuti come sono gli ospiti, si rassicurano a vicenda, manco si accogano della differenza, quelli di sopra. Magari troveranno la ricetta saporita, originale. Qui ci vuole un nome ad effetto…

Son lì a ponzare nomi quand’ecco uscire, da sotto al tavolo, la voce del garzone ubriacone che propone una nuova versione della sua canzone.

-Questa è la cantatina dell’oca persa che s’è involata e non compare in mensa. Rustica resta e meno melensa senza li trucchi per parer più densa.

-Ecco!

-Ecco?

-Ma si, sarà “L’oca persa.”

Ci crederete se ve lo dico? Io lo dico comunque.

Quando il vassoio è bell’é sistemato e guarnito, i cuochi delle due fazioni si stringono la mano soddisfatti e fissano per dopopranzo una partitina amichevole.

L’oca persa ha fatto un figurone, anche perché, diciamolo, nessuno vuole assumersi la responsabilità di criticare quell’oca di verdura, sapendo di dispiacere agli ospiti. Non sia mai che un litigio tra le due famiglie riporti i novelli sposi alle rispettive magioni.

Il via agli osanna lo dà un signore assai stimato per la raffinatezza del palato e la vocazione alla diplomazia.

-Ma che arrroma orrriginale!

-Stupendo! – grida allora la madre del pricipe. – Voglio, assolutamente voglio, questa ricetta, cara consuocera. I nostri cuochi hanno così poca inventiva…

-Devo dire – risponde la padrona di casa con sussiego – che io esigo dal mio chef la massima cura e immaginazione. Non sopporto piatti spiattelati senza garbo.

Com’è giusto che sia in questi casi, la nostra storia si avvia al lieto fine.

I cuochi furono lodati e premiati e la nostra oca è tornata a razzolare insieme alle compagne. Ha raccontato di quanti giovani la volevano per sé e della serenata del bel garzone dal ciuffo biondo. Insomma, blatera di qui, blatera di là, da quando è innamorata non è più idonea a fare l’oca muta. E poi, anche volendo riproporsi la ventura, quando arriva il cuciniere le più vanitose si precipitano, facendosi lo sgambetto a vicenda.

-Tocca a me!

-No! A me!

E il povero garzone ubriacone? Aveva bevuto troppo e si levò la mattina dopo col mal di testa.

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Traslocare nella terza e quarta età

Prima di dare il via alle lamente sui traslochi ci vuole un cappello. Pure calze e camicie ci vorrebbero. E una bella metafora.

Capire a seguire.

La dispensa

Mi sono fissata su questa parola da quando un’amica aprì davanti a me una porta nella parete della sua cucina. All’interno vi era accatastato un miscuglio di riserve alimentari che rese misero e anche stupido il mio modo di comprare via via quello che serve per qualche giorno ed essere, poi, sempre sprovvista di qualcosa.

Ora lo so. Ognuno di noi è una dispensa. E pure le nostre case lo sono.

Il trasloco

Prima di ogni trasloco, la mia parola di battaglia è: selezionare.

Smisto per benino le categoria di ammennicoli dentro le casse e sopra scrivo cosa contengono. Porto i libri che non mi sono piaciuti laddove vi sia qualcuno disposto a leggerli ed elimino il superfluo che pigio in quei sacchi della nettezza grandoni e neroni, sicuramente i preferiti dagli ammazzasette per nascondervi cadaverici malloppi.

E com’è che mai funziona come avevo previsto?

L’ultimo

Dopo diverse traversie, l’ultimo ‘sgombero,’come si dice da noi, mi ha visto parecchio determinata, tipo sfida all’ok corral. Una serie di elenchi pre-preparati erano pronti a soccorrermi nel sistemare la nuova abitazione prima e meglio del solito.

E così è stato, ma senza strafare, ché certi scomparti del mio vivere non trovano tregua né loco che possa in qualche modo rendermi meno arrabattate le ricerche.

Disavventura

Una decina di neri involti era stata divisa dai traslocatori in due categorie: quelli contenenti la roba da buttare e quelli dove avevo messo gli oggetti che potevano stare all’aperto.

Abituato al nostro solitario duetto: lui Tarzan, io Jane, salvo qualche visita raminga, il mio gatto si fece spaventare dagli uomini nerboruti che sviaggiavano per casa. Hai voglia di cercarlo! Fui colta dal dubbio che si fosse nascosto in uno dei sacconi, ormai chiusi e portati, ben divisi, nell’androne del palazzo.

Scesi per tastarli e alcuni, sospetti, dovetti spostarli per poterli aprire.

Tarzan non c’era e mancò il tempo per tprnare a distinguere il bono dal pocobono. I camion erano già fuori dall’uscio, con enorme dispendio di voce dei soliti impazienti, a piedi e in auto.

Nel frattempo la belvetta si era dato alla macchia dalle terrazze del vicinato, Fortuna volle che trovasse il cibo da una simpatica gattara dei dintorni.

La parola alla difesa

Cos’altro potevo fare?

I traslocatori si arrabbiarono nel vedere che avevo scombinato il loro lavoro. Non capisco perché, visto che era mia la roba finita nell’immondizia.

Eppoi, ad una persona della terza e quarta età si può perdonare l’attaccamento al proprio gatto unico. O no?

Cose di casa

Raggiunto il nuovo domicilio, e siamo ancora al voi, c’è da posizionare il nostro carapace a rimorchio in ambienti diversi da quelli precedenti.

È questo un lavorio parecchio faticoso per una persona ‘nonpiùgiovane’.

Lo so bene, io. Che dico? Nessuno lo sa meglio di me.

Una casa ancora disordinata è difficile da gestire, in specie quelle dove sono state immagazzinate collezioni di aggeggi babbionici. E più difficile è barcamenarsi con gli equilibrismi, se le giunture pretendono di essere trattate con riguardo. Con molto riguardo.

Più facile inciampare in una delle casse, scatoloni, fagotti che ingombrano ogni angolo della nuova abitazione. Al mattino siamo ancora sonnacchiosi e dimentichi dei ridottissimi spazi di manovra; ila sera perché incombe il rincitrullimento, dopo una sfibrante giornata di lavoro. E magari ci sembra di non aver ‘compicciato’ nulla.

Ordine!

Massì, la soluzione ce l’avete voi, precisini di qualunque età e grado

Lo so anch’io come recita il proverbio: ‘Un posto per ogni cosa, ogni cosa al suo posto.’ Figuriamoci. È una vita che ci provo.

Molte volte mi sono detta che devo imparare, non dico a dare un ordine alle dipendenze della mia vita, ma almeno a scegliere i loculi appropriati per ritrovarle, quando servono.

Non si butta via nulla

Sia chiaro: io non.sono una che spende denaro che non c’è nei generi extracibo. Eppoi, lo sanno tutti che sono restia a separarmi dalle mie cianfrusaglie.

O non si sa che il motto degli anziani è: ‘Non si butta via nulla.’

Per forza! Tutte le volte che l’ho fatto me ne sono pentita. Spendo giornate in cerca di oggetti che si rimpiattano per farmi dispetto o che hanno preso la via dell’uscio senza avvertirmi.

Misteri

Perse le cose buttate e quelle sparite per conto loro, il mio corredo dovrebbe alleggerirsi. Giusto?

Invece, resta sempre da accudire un immane rimescolio, malgrado l’assoluta certezza di aver raggruppato in settori specifici ciò che è utile, necessario, indispensabile, tenendo a vista lo scatolone degli oggetti d’uso immediato

Voi non mi crederete, ma vi assicuro che si nasconde un qualche mistero dietro le sparizioni di cose che mai si saprà dove son finite; e pure del rigurgito continuo, e dai posti più impensabili, di oggetti di cui avevo dimenticato l’esistenza.

Selezione

In teoria, dovrei portare con me solo ciò che è essenziale, ora che sono finite le incombenze che riempiono le giornate di una donna di famiglia o in carriera.

Va detto che sarebbe una lunga storia confessare ciò che si può ritenere irrinunciabile in un contesto solitario come il mio, ma pur sempre para civile,

Ecco perché è stato più volte imperativo creare un elenco per dividere le pertinenze.

Uno- Documenti più o meno economici, per non trovarsi nei guai

Due- Qui stagna la fucina dei cenci e degli arnesi necessari alla sopravvivenza

Tre- Il resto è roba assolutamente iindispensabile alla mia super-vivenza, inclusi i computer. Il più ‘maturo’ d’età è ancora il favorito, però non si sa mai.

La disfida

Il problema non deriva dal sistemare vestiti pentole e ricordi nei siti appropriati. E neppure dagli scritti degli amici di ciccia o penna o capitati in casamia per chissà quale caso, ma a cui non riesco a rinunciare.

É la conseguenza della traboccante marmaglia cartacea di una grafomane all’ottava potenza.

Cento, che dico, mille volte cento, ho provato ad affrontare i cumuli di carte piene o semi vuote di scrittura. Scartafacci quadernoni, quaderni, blocchetti, fogli d’ogni misura e forma e decine e più di inserti contenenti ciascuno varie copie d’ogni romanzo racconto copione poesia, il tutto scritto, riscritto, stracorretto e da ri-ricorreggere.

E poi biro e lapis e gomme e appuntalapis, il tutto di varia natura e specie, anche quelli da bambini, che in casamia li trovate dovunque, perfino davanti al cesso.

Questi e quelli

Ogni volta che accetto la contesa, mi sembra di masticare quelle fettine di carne filose e troppo dure da mandar giù. Sposto qualcosa a sinistra, qualcos’altro a destra e nel centro metto un altro gruppo. E poiché, come avviene in politica, tre postazioni non sono sufficienti, occupo ogni base d’appoggio che mi circonda fino a quando non ci capisco più nulla.

Ovvìa, una decina di foglietti li butto, ogni tanto, maserve a poco se trascrivo le frasi, sempre un po’ modificate e allungate, da qualche altra parte. Ciò che resta fa presto a ringonfiare, con gli appunti successivi.

Pandemonio

Lo so che una persona di normale ostinazione deve venirne a capo.

Io, dopo aver passato ore, inchiodata e polverosa, a smistare fagotti cartacei da una parte all’altra, cerco di radunarli alla bell’e meglio con l’antipatica sensazione di aver dimenticato qualcosa.

O forse solo di aver perso un mucchio di tempo.

Così mi aggrappo alla solita, diabolica, rassicurante frase: ‘Ci penserò domani.’

E a seguire: ‘Domani è un altro giorno.’

Tanto, come diceva Spencer, ‘Niente è perduto che non si possa ritrovar cercando.’

Bella, è?

Mi calza a fagiolo!

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Difformità tra i sessi

Molte malattie colpiscono indifferentemente entrambi i sessi, però capita che abbiano effetti diverse su uomini e donne.

In questi casi bisogna tener conto che il metodo per curare queste affezioni, sebbene l’origine sia simile, potrebbe causare reazioni difformi, se non discordanti, su uomini e donne e dunque deve essere sempre applicato in base al sesso.

Inoltre, ci sono alcune patologie che riguardano, principalmente od esclusivamente, uno dei sessi: quello femminile o quello maschile.

Rischi nelle donne anziane

Un esempio è dato dai danni seguiti alla comparsa della menopausa.

L’aumentato peso corporeo, causato dalle cattive abitudini, è quasi sempre rafforzato dall’avvento della menopausa e porta conseguenze generalmente correlate al tessuto osseo e muscolare.

Tra le malattie associate all’obesità delle donne anziane, sono molte quelle che riguardano l’usura della cartilagine e la perdita del sistema di ammortamento naturale dell’articolazione. Questi aspetti dell’osteoporosi possono provocare dolori e movimenti limitati a causa della progressiva deformità ossea.

La diminuita densità minerale, calcio e collagene, può portare ad uno squilibrio dell’ossatura che diventerà più debole e fragile.

I Rischi negli uomini anziani

In seguito all’accumulo di grasso gli uomini tendono ad avere patologie che riguardano il cuore

Il rischio principale per loro è il colesterolo si può accumulare nelle arterie fino ad ostacolare lo scorrere del sangue. Queste placche possono arrivare ad ostruire completamente il passaggio, provocando la diminuzione o addirittura la cessazione del flusso sanguigno.

Capita così che agli organi non arrivi abbastanza ossigeno per consentire il corretto funzionamento, causando anche attacchi di cuore .

Prevenzione all’obesità negli anziani

È essenziale evitare la comparsa di queste pericolose patologie. Per prevenirle, dovete promuovere

delle semplici regole che vi saranno molto utili. Tra queste, sarà necessario il controllo giornaliero del peso corporeo.

Due sono le norme da seguire per una sana abitudine di vita: una moderata attività fisica e ua dieta equilibrata.

Ciò significa che occorre dedicare del tempo ad una ginnastica adatta alle possibilità della persona anziana. Una passeggiata di 10 – 20 minuti può essere mediamente sufficiente. Nel caso in cui il paziente abbia problemi di deambulazione, è consigliabile eseguire un allenamento che mantenga la mobilità dei muscoli.

Alimentazione

In genere l’alimentazione di un anziano dovrebbe essere sempre ricca di verdure, frutta e cereali e povera di grassi saturi e zuccheri raffinati.

Poiché ogni organismo ha le sue peculiarità, ciò che vale per uno non è detto che valga per tutti.

Per assicurarvi di scegliere la dieta specifica per l’organismo della persona di cui vi state occupando, la cosa migliore sarebbe consultare un nutrizionista che possa istruirvi con indicazioni appropriate.

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Come Eravamo Anziani

Nei giorni della pandemia ho ascoltato i lai di chi non resisteva nel sentirsi condizionato ad una serrata inattività dagli imperativi governativi. Ed ho visto le smanie di coloro che rompevano gli argini sanitari sentendosi dei ribelli, magari degli eroi. Ci vuol altro, carimiei!

E poi, ogni eroe è partigiano della propria contrada. Chi m’assicura che sia dalla parte giusta, che ovviamente è, e sempre sarà, la mia?

Poco cale delle ragioni altrui quando sbattono contro le nostre. Dico male?

Qualcosa di nuovo Qualcosa di antico

Non so che effetto abbia avuto su di voi, amici della terza e quarta età, il periodo di clausura. Io ho trovato qualcosa di sgradevole nel dilagare delle polemiche. Ma anche sensazioni che la mia infanzia conosceva bene.

Se vi attardate nella totale solitudine di richiami, di rumori, non sentite anche voi come tirano quei fili che ci collegano agli anni del dopoguerra?

Anni cinquanta

Oggi viviamo In un contesto sociale che muta di continuo, ma negli anni cinquanta la vita delle città era elementare, semplice.

Nelle ore lavorative le strade erano quasi deserte, e non a causa di un virus pellegrino. Ogni mattina scambiavano saluti frettolosi le donne con la sporta della spesa sotto il braccio.

Passava il postino a cavallo della bicicletta. Il suo mestiere non era solo quello di consegnare le bollette. Oggi è temuto, allora era atteso, ché si usava scrivere, e parecchio, quando non c’era whatsapp.

Capitava a scadenze fisse il grido: ‘Donne, c’è l’arrotino. Riparo coltelli e ombrelli.’

Nel pomeriggio, liberi dal doposcuola, i ragazzini gareggiavano con le biglie, noi bambinucce si saltava sulla corda o sui quadri disegnati col gesso in mezzo alla strada. Rari erano gli uomini che passavano fuori dall’orario di lavoro.

Rarissime le auto.

Fatti di casa nostra

I politici si davano un gran daffare per rimediare ai guai di una nazione distrutta dai vecchi e nuovi alleati. Le loro liti furibonde erano vissute consfiduciati scotimenti di testa o con speranzosa partecipazione.

Dovevano essere sanate in qualche modo le contraddizioni tra ciò che la gente aveva creduto di essere e ciò che si trovava a non essere, dopo un’indimenticabile carneficina di uomini, onori, fiducia che voleva essere dimenticata.

Come avrebbe potuto reimparare a respirare, a ricostruire il presente?

Il risveglio

In tanto lindore di bisogni, i buoni sentimenti emergevano con pudore e mosse pacate; quelli peggiori sfogavano le lische lasciate dal conflitto mondiale lapidando le faccende dei propri simili con un’ironia che sconfinava nel sarcasmo.

Sbirciare nelle casa d’altri sostituiva con favore i terribili spettacoli che avevano avuto corso fino a qualche anno prima e anticipava la smania collettiva per le serie televisive.

Cose d’altri tempi

Gli oggetti d’uso comune erano costruiti per durare e dovevamo tenerli ‘da conto.’ Si leggevano e rileggevano i libri che avevamo a disposizione, perché acquistarli era una piccole conquista che doveva soggiacere a questioni di priorità.

Un’impresa far quadrare la spesa annuale per le scarpe, i cappotti. E calcolato con matematica precisione era il denaro da riservare alla quindicina d’agosto. Negli anni di ‘magra’ andavamo nelle belle montagne pistoiesi. A Castiglioncello e perfino a Viareggio quando si poteva scialare.

Tappe fondamentali

Furono tappe fondamentali il frigorifero e il telefono, duplex, attaccato alla parete.

Fino all’avvento della lavatrice, le lenzuola venivano a prenderle e le riportavano piegate e profumate.

La televisione, che mio padre chiamava ‘l’acchiappacitrulli’, non era gradita. Entrò tardi in casa nostra e solo perché ci fu regalata.

Lessico familiare

Così Natalia Ginsburg chiamava le abitudini che l’avevano cresciuta.

Anche da noi girava un lessico di riconoscimento.

Il fischio di famiglia, per esempio. Lo udivo sottocasa e sapevo che mio padre, impiegato alle ferrovie, era tornato dal lavoro. E poi c’era la passione per l’ippica che accomunava quasi tutti, in un modo o in un altro. Dico quasi perché io diffidavo dei cavalli, dopo un paio di malaccorti contatti troppo ravvicinati.

Cose quodidiane

Nella mia prima giovinezza l’immaginazione aveva pochi supporti. Era così avulsa dalle incombenze quotidiane che sgorgava nel torpore che preludeva al sonno fino a mescolarsi con la realtà. Ci ho messo del tempo per distinguerle.

Sono arrivata tardi in famiglia, e inopportuna.Comunicavo al mio livello con un paio di cugini; altrimenti mi rifugiavo tra i giornalini a fumetti. Nella bella stagione stazionavano sotto la tenda para-indiana del terrazzo, costituita da una rustica coperta marcata FFSS (Ferrovie dello Stato), attaccata al gancio che sosteneva il filo per tendere la biancheria.

Sorridevo, non ridevo, delle avventure di Paperino, Topolino e compagni. Troppo facile riconoscere nei loro comportamenti, delle caratteristiche assai diffuse.

Gli intrepidi

Chi, tra coloro che oggi fanno parte della terza età, quelli della quarta avevano già altri interessi, non ha ingurgitatoa palate le avvincenti imprese di personaggi che erano davvero esistiti, come Buffalo Bill e Calamity Jane?

E Kid Carson? E Liberty Kid?

Quelle ricalcate dipoi da Tex Willer ci facevano un baffo!

Salgàri o Sàlgari?

Ho scoperto che si pronuncia Salgàri.

Un amico ha potuto appurare, cercando su enciclopedie, internet, depliants di guide turistiche, che i luoghi da lui rappresentati nei romanzi corrispondevano alle sue descrizioni. Erano realistiche le nozioni su paesaggi mai visitati da questo autore per ragazzi che alla fine dell’ottocento scriveva chiuso nella sua città.

Vero che passava giornate intere nelle biblioteche pubbliche. E vorrei vedere!

Qualcuno ha scritto che se fosse nato in altri paesi sarebbe stato maggiormente considerato. Ma si sa, da noi vige lo snobbismo che nega a molti autori il posto che meritano nel ricordo dei posteri.

Alle solite sto divagando….

Veniamo a noi

Mulinare le chete memorie del passato, impastarle con le zavorre del chiassoso, colorato presente che ne è seguito, è una sorta di rituale propiziatorio per esorcizzare vecchie paure che non sono completamente addomesticate.

E forse aiuta ad affrontare le incognite di un futuro aperto a cataclismi di varia specie, ma sicuramentei più sgradevoli di qualche giorno di clausura.

Uggiosa retorica?

Detto tra noi, non vorrei essere accusata di inciampare nelle retoriche imperanti, io che le ho sempre detestate, insieme a tutto ciò che è manierato fino a diventare patetico.

Però mi chiedo se non avesse ragione Heidegger quando sosteneva che ‘Solo il cammino a ritroso ci farà progredire.’

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Curiosità

L’obesità anziani

Nelle persone di tutte le età, ma specialmente negli anziani, più vulnerabili a causa dello stile di vita sedentario, l’obesità non crea solo problemi estetici. È necessario controllare gli eccessi del tessuto adiposo, soprattutto se è accumulato nell’area addominale, dove può favorire le malattie cardiovascolari, una delle principali cause di mortalità.

Ci sono delle regole per calcolare l’obesità di una persona. Solitamente è in sovrappeso un girovita superiore a 102 centimetri negli uomini e 88 centimetri nelle donne .

Cause di sovrappeso

Negli anziani il sovrappeso può derivare anche da componenti genetiche, ma più spesso è correlato ad una cattiva alimentazione e dalla mancanza di un adeguato esercizio fisico. In generale, l’obesità può derivare da uno stile di vita troppo sedentario e dal consumo di cibi ad alto contenuto calorico, inadatto alla persone anziane, in special modo se sono già affette da qulche disturbo.

In questi casi si possono avere delle difficoltà nei movimenti. Nel corso degli anni il tessuto muscolare si consuma e le forze diminuiscono, portandolo all’immobilità .

L’importanza dell’alimentazione

Occorre prestare attenzione anche alle situazioni opposte.

Se l’anziano è troppo magro o mostra debolezza nei movimenti, la causa può provenire da molti fattori. Uno di questi è l’alimentazione.

Capita che alcune persone anziane, affette da depressione e solitudine, si mostrino inappetenti, causando malnutrimento e carenza di cibi proteici e vitaminici.

Gli anziani sono molto delicati e quindi i problemi di nutrizione meritano un’attenzione speciale.

Per la loro salute è importante controllare la qualità e le dosi del cibo che viene servito.

Patologie associate al sovrappeso

L’obesità incontrollata favorisce negli anziani problemi digestivi (riflusso gastrico), respiratori (ipoventilazione, apnee notturne), psichici (depressioni ecc.).

Esistono anche rischi peggiori, in dipendenza dell’età e del sesso, come i disturbi del metabolismo, quelli neuroendocrini e cardiovascolari.

È attestasto che un peso eccessivo può provocare molte malattie, come il diabete, la pressione arteriosa, vari tipi di cancro e l’aumento del colesterolo.

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Curiosità

Diversamente qualcosa

Oggi si usa iltermine ‘diversamente’ per definire ciò che esula dal cosiddetto contesto di maggioranza.

E così, per il timore che le parole attestate nel dizionario possano risultare offensive, al posto di ‘disabile’ è stato coniato ‘diversamente abile’.

Giri di parole

Come dire che una persona non autosufficiente è diversamente sufficiente.

Io sono diversamente giovane e diversamente magra, gli animali e le piante sono diversamente viventi e magari la Terra sta diversamente girando…

Non sentite quant’è stonato, cacofonico il suono ‘diversamente’? Somiglia a quegli appellativi tanto di moda usati a pappagallo: blabla Edintorni, Nonsolo pincopallo…

Gli ufo tra noi

Come sempre accade ad ogni cantonata avviata a diffusione, siamo costretti a farci una ragione delle assurdità promosse da quei cervelli poco eminenti e parecchio grigi che potremmo definire, senza fallo.’diversamente’ intelligenti.

Qui, secondo me, conviene farsi una domanda.

Che siano degli UFO?

Per dire cosa?

Non esistono due esseri umani identici. Neppure i gemelli lo sono.

E allora, che panegirico per dire che siamo tutti ugualmente diversi o, se preferite, diversamente uguali.

Come ogni pianeta è un’isola in mezzo alle altre isole del cosmo, ciascuno di noi è un mondo vivente che si esprime e sente e pensa a modo suo e tutti insieme componiamo l’universo umano.

Dovendo scegliere un modo di vivere, non trovate interessante partecipare ad una miriade di unicità?

Girovagar tra i ilbri

Viaggiando in giro per il mondo, Baudolino e i suoi amici incontrano uno sciàpode. Costui si stupisce quando gli dicono che è diverso da loro perché ha una sola gamba.

-Anche voi… se alza una gamba ne ha solo una.

-Ma tu non ne hai un’altra da abbassare!

-Perché deve io abbassare gamba che non ha? Deve tu abbassare terza gamba che non ha?

Matrigne circostanze

Chiunque siamo, comunque siamo fatti, sta a noi abitare a pieno titolo in noi stessi, anche quando la vita tenta di strapazzarci.

Non sono i fattori che dipendono da matrigne circostanze a darci la misura di noi stessi, ma come usiamo i mezzi in dotazione.

I Piani di Assagioli

“Non sono responsabile dei miei pensieri ma dell’uso che ne faccio.”

Così diceva Assagioli, il primo psicoanalista d’Italia.

Questo psichiatra, filosofo, teosofo che ha intrattenuto rapporti epistolari con Freud e che ha avuto Jung come supervisore della tesi di laurea, vedeva l’essere umano come una costruzione a più piani. Secondo la sua teoria, il nostro presente si trova tra il seminterrato, deposito bagagli del passato, e l’attico, da dove si potrà infine contemplar le stelle.

Piani del vivere

A proposito di piani del vivere, è giusto rammentare, a chi è ancora giovane, che solo chi ne ha fatto esperienza conosce il vissuto che il tempo può accumulare sulle persone della terza e quarta età, mentre noi, giovani lo siamo stati.

Soltanto noi sappiamo che sotto la facciata sciupacchiata siamo sempre gli stessi. Sono le misure che ci hanno o ci siamo imposti, le fatiche e le emozioni, necessarie o grate, che hanno slembatoi nostri corpi. E sono stati i sorrisi e le lacrime a smerlare il nostro viso.

È questa ricchezza che ha impoverito il nostro corpo, il consumo che ne abbiamo fatto.

Avremmo dovuto rinunciare a vivere perché non si vedesse all’esterno ciò che abbiamo avuto, preteso, subito? Vero che di alcune prove avremmo fatto volentieri a meno, sul momento, ma solo perché non sapevamo che fossero collegate ad altre, imperdibili.

La difformità senile

Può capitare, a chi è affetto dalla degenerazione senile, disentirsi dimenticati in un angolo solitario. Sembra perduto il valore di ciò che è stato raggiunto, e magari, ci sentiamo irrealizzati per non aver avuto la possibilità di compiere le proprie aspirazioni. A pochi è concesso un simile privilegio ma, a nostra consolazione, c’è da chiedersi se non siano stati proprio gli inciampi, le mancanze, le bizze della vita, a darci la consapevolezza della misura di ciò che siamo diventati.

Il non essere

Lo affermava Gorgia millenni fa, assai prima che Shakespeare vi ricamasse il monologo di Amleto. Va detto che il bardo doveva conoscere l’antico oratore e tanti altri personaggi e vicende di luoghi italiani. Del poco che si sa di lui, molto è stato detto e scritto sulla nazionalità un po’ sospetta.

Che fosse diversamente inglese?

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Curiosità

In cammino per anziani

Evvia, la sessantena sta per finire. Alleluja!

Appena avremo il via alla libera uscita, chissà quanti si faranno un bel viaggio per dimenticare i giorni dell’iorestoacasa?

Viaggiare in casa

Non dimentichiamo che ci sono altri modi per viaggiare. Sono convinta che questo periodo abbia portato molti di noi a fare delle puntatine di fronte alla libreria di casa, dopo aver fatto i soliti cento giri intorno al tavolo.

Nei libri non troveremo gli infiniti universi di Giordano Bruno, non siamo pronti per simili imprese, ma infiniti modi di stare al mondo. Nel nostro, dico, che già ci basta ed avanza.

Viaggiare in se stessi

La maggior parte degli scrittori, antichi e moderni, amano il tema del viaggio come la perfetta metafora per pesticciare dentro le nostre gabbie psichiche. L’intento è quello di spingere il lettore a scoprire, non chi è, ma chi non deve essere; e non dove va, ma dove non gli conviene andare.

Sarebbe troppo complesso inoltrarsi nei meandri di ciò che siamo. Di tutto quello che siamo.

Viaggiare leggendo

Nel romanzo ‘L’isola del giorno prima,’ Umberto Eco descrive la storia di un naufrago che riesce a salvarsi grazie ad una nave abbandonata. Nell’esplorarla, oltre a trovare alcuni animali, scoprirà dei libri rivelatori.

Così il personaggio descrive la sua condizione, in una lettera alla sua amata:

‘….sono, credo, a memoria d’uomo, l’unico essere della nostra specie ad aver fatto naufragio su di una nave deserta.’

Forse è ciò che è successo all’umanità. Abbiamo fatto naufragio in un mondo deserto. O meglio, abitato solo dagli animali. Deve essere andata così.

Verso l’ignoto

Molti grandi viaggiatori si sono inoltrati nelle terre ignote.

Di alcuni sappiamo grazie ai loro resoconti, come Marco Polo, per esempio. Dopo essere stato a spasso lungo la via della seta dettò le sue memorie a Rustichello da Pisa e da bravo mercante le chiamò ‘Il Milione’. Circola il sospetto che lo scrivano vi abbia messo del suo per rendere la narrazione più avvincente.

Tralascio Colombo e compagni, che tutto o quasi si sa sulle loro venture, per saltabeccare fino all’eccelente Pietro della Valle. Uomo di sentimenti fedeli e curiose abitudini, mai si separava dalla bara della moglie defunta. Quelli erano uomini che sapevano amare le donne! Altroché!

Viaggiatori d’altre contrade

Mi soffermo su Darwin,giusto per menzionare le spedizioni che lo portaronoad elaborare la teoria sull’evoluzione delle specie. Doveva essere un tipo simpatico e on che avesse proprio torto, però, alzi la mano chi non avuto, almeno una volta, la voglia di dirgli: scimmia sarai tu!

Torniamo rasoterra. E dunque alle mie fobie.

Il mal d’auto

Da bambina soffrivo il mal d’auto. Chi non lo ha provato non può immaginare la nausea, il disgusto e tutto quello che ne consegue.

C’era stato un viaggio traumatico nella prima infanzia e forse la mia antipatia proveniva da quel primo trasloco. Quattordicenne, un lungo viaggio all’estero sancì l’intolleranza. Ormai cresciutella, andai con alcuni amici a trovare dei parenti che abitavano nella riviera ligure. Mi godetti il bello scenario fino a quando un incidente mi obbligò a puntinare un sopracciglio. Fortuna che non ne è rimasta traccia.

E pure il mal di mare

Ne vogliamo parlare?

Fui contenta di non soffrire il mal di lago, la serata che trascorsi in un battello sul lago Leman. Un improvviso incendio si risolse in fumo, però…

Voi che avreste pensato? Mi convinsi d’esser destinata a vivere da stanziale.

Ovvio che fossero inutili le lodi che una zia spendeva sulla costa amalfitana. E Sorrento qui, e Capri di sopra e Ischia di sotto. Ascoltavo senza curiosità. Tra me e quel posto c’erano parecchi chilometri. E poi le isole, col mar di mare….

Tanto bastava a farmi perdere l’interesse.

Lidi evocativi

Il mio futuro marito ed io accompagnammo un’amica a Positano.

Non immaginavo che la natura potesse creare tanta perfezione. E va detto che venivo da Firenze. Alla bellezza ci sono abituata.

Qui ci vuole un intermezzo. Che Paese delle Meraviglie è il nostro!

Positano era una calamita. Ci siamo tornati molte volte e così conobbi anche Ischia e Capri. Il mio ex marito amava giudare di notte. In teoria aveva ragione lui, nella pratica, io ci mettevo due giorni per riprendermi.

Ormai mi limito agli spostamenti da un rione all’altro della città, salvo le periodiche escursioni in treno per vedere i nipoti che abitano fuoriporta. Qualche altra gitarella l’ho fatta. E non solo per tornare a respirare nei luoghi che sono rimasti i lidi dell’anima.

Ho azzardato più volte il navigar per l’aere, benché sia sempre stato un sollievo ripestar le zolle. Non ho sofferto il mal d’aria e se non fosse per il timore del capitombolo….

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Curiosità

Arti e Mestieri per anziani

Vivere pienamente il presente è importante. In tutte le età.

Del futuro non v’è certezza, secondo il Magnifico Lorenzo, e dunque usiamo bene ciò che abbiamo a disposizione.

Ben detto, direte voi. E come andrebbe usato questo tempo presente?

L’arte di vivere il presente

Partiamo da noi, gente anziana che ha imparato a fare,costruire e persino a sbagliare, ma è sempre stata pronta a pagare ed a rimettersi in piedi.

Ora che il periodo lavorativo è finito, sarebbe logico rimpiazzarlo con altre risorse permantenere attivi le gambe ed il cervello. Guai a lasciarsi intontire dal senso di vuoto che può portare all’abulia, a riempirsi di cibo e di nullaggini televisive fino alla depressione.

Arte come energia rinnovabile

Si parla continuamente di usufruire dell’elettricitàche si ricava dagli agenti atmosferici. La Terra è pervasa di energieprodotte dai venti, la luce, le piogge. Tutto l’Universo è composto di impercettibili particelle in moto, perché ciò che vive si muove.

Anche dentro di noi ci sono forze che circolano, che devono circolare. Le abbiamo usate e consumate, per corrispondere ai nostri bisogni ed a quelli della società. E qualche volta ne abbiamo abusato, allenandoci così alla resistenza.

C’è un arte del resistere e lo abbiamo dimostrato, anche con grandi sacrifici. E c’è l’arte della comunicazione, della partecipazione, della misericordia…

In mano all’arte

Ogni fatto ha bisogno delle cure del suo fattore per essere ben realizzato e niente come la passione può trasformare un talento in arte.

Le arti ed I mestieri sono alla base di ogni civiltà. Alcuni sono utili, altri indispensabili. Chi sente in sé il mestiere della carità ne faccia arte laddove chiama il bisogno.

Il lavorio e la dedizione di grandi pensatori ha favorito il progresso civile, nel bene come nel male, rendendo immortali le loro idee, le scoperte, le opere caritatevoli.

Ai posteri l’arduo compito di aggiustarle, migliorarle, un passo alla volta.

Mi riferisco ad artisti filosofi idealisti inventori scienziati (l’ordine è alfabetico per evitare polemiche). Molti di loro hanno speso e spendono tempo e ingegno fino a tardissima età, pur di sanare i malesseri umani, del corpo o della psiche, sopperendo perfino alle mancanze di chi non disponeva delle minime necessità al vivere quotidiano.

Tutti i mestieri possono essere utili, alcuni indispensabili. Chi sente in sé il mestiere della carità ne faccia arte laddove chiama il bisogno.

Arte artigiana

Consiglio a tutti coloro che hannoabbastanza energia di renderle fruttifere e dar loro un valore con nuove opportunità. Che importa se non siamo dei geni e non sappiamo fare grandi imprese?

Nessuno conosce tutte le possibilità del cervello, però sarebbe conveniente frugarci, ogni tanto. Non dico di sapere da dove veniamo e dove andiamo. Figuriamoci! Ma almeno cosa ci serve per imparare ad esistere, a tentare di esistere, a pieno titolo in noi stessi.

Sarebbe un bel passo avanti per comprendere come possiamo esprimere le nostre capacità.

L’arte del fare

Impara l’arte e mettila da parte, si diceva una volta. Mica grulli i nostri antenati!

Se avete ricevuto questi saggi bagagli disponete di una base da cui cominciare. Altrimenti, cercate ciò che sentite congeniale. C’è sempre una tendenza, un talento ignorato da tirare fuori. Andare a scuola dagli artigiani può servire ad apprendere i segreti dei loro manufatti, di qualsiasi genere.

Chi sa faccia, chi non sa impari, E così, qualcuno scoprirà impensabili attitudini e qualcun altroritroverà il talento abbandonato in gioventù, prima che la vita costituisse un bozzolo di doveri amori e diritti che non consentiva altri inserimenti.

L’arte delle piccole cose

C’è chi armeggia in giardino, come mio cognato. Vi farei vedere le cascate di camelie e di plumbago! E dovreste sentire l’aroma dei suoi limoni!

E c’è chi cucina. Il mio ex marito preferisce fare la pasta in casa che pispolare su internet. Dovreste vedere la sua tavola, coperta da ravioli in file ordinate, e gnocchi tagliatelle…

Qui voglio onorare anche le gattare, quelle gentili signore che salvano da morte certa i gatti che si perdono (e pure uno dei miei.)

Arte raminga

Ed io? Poco e nulla so fare. I miei svariati difetti m’impediscono di svolgere la maggior parte delle arti e dei mestieri. Diciamo pure quasi tutti.

Come giardiniera costo poco. M’appello alla buona indole di alcune piante. E non sono una brava cuoca. Ogni volta che provo una nuova ricetta finisco per modificarla a modo mio. E non sempre il risultato è positivo.

Non posso fare la gattara. Non sono portata a fare amicizia con gli estranei, siano gatti o persone. E poi ce ne vuole per nutrire tutti quei pellegrini di pelo e di passo!

È ovvia l’esclusione dell’arte oratoria. Vediamo cosa resta.

Ballerina? E l’equilibrio dove lo mettiamo? Cantora? Le malelingue dicono che sonoi stonata. Forse un pochino. Musicista? Avevo imparato ad usare i tasti centrali del pianoforte. Mi ero inventata pure una canzoncina. Ed è finita lì.

Scultrice? Mi prese la smania di plasmare la creta quando andai ad abitare nella casa di uno scultore.Presi qualche lezione da un’amica, poi dovetti traslocare da quel secondo piano alto come un quarto. Da allora ho perso l’interesse. Mi rimane un ricordo che mi porto dietro a memoria di una passione irrisolta.

Pittrice? Da giovane mi piaceva. Oggi potrei dedicarmi ad una tecnica molto astratta, come il puntinismo e le ditate con pollici ed alluci (avete mai provato? E allora non ridete), tanto per divertire i nipoti.

Mi dite cosa potevo fare, se non la scrivana e poi la nonna?

Come scrivana ho una lunga storia che se la racconto non finisco più.

Quanto a fare la nonna me la cavo perché mi piace.

L’arte della corsa

Che tu sia un leone o una gazzella, un proverbio africano ti consiglia di correre se vuoi sopravvivere. Ecco, sarebbe un bene, per noi anziani, continuare a correre. Correre, insomma. Diciamo camminare, va’, che è meglio.

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Curiosità

Sull’Amore per anziani

Vi parlerò d’amor….

Così cantava Wanda Osiris quando ero bambina. Fate pure i conti.

Ma quale amore, direte voi. Ancora?

Non dimentichiamo che l’amor che move il sole e l’altre stelle ha vari connotati e direzioni. E non ha età. Si ama a tre anni come a novanta e peggio è per chi non lo vuole ammettere.

Gli amori di coppia

È certo che non mi sogno di escludere i benefici della vita di coppia, laddove la convivenza sia maturata insieme agli anni nell’affetto e nel rispetto.

E neppure nego la possibilità di nuove relazioni, per gli ardimentosi disposti ad affrontare una simile sfida.

Non che ci sia qualcosa di male. Per carità!

Però a me mancherebbe il coraggio, e pure l’energia. Troppo faticoso il restauro, e costoso. Dovrei tenermi in forma, che dico, dovrei ritrovarla, quella forma perduta tanti anni fa. Ci vuole ben altro della ginnastica intorno al tavolo di cucina!

Non voglio rinunciare all’assonnato buongiorno del mattino per guardare lo specchio con diffidenza e star lì a spiar le occhiaie ed a contar le rughe che quello scostumato mostra senza un minimo di comprensione.

La filononnafia

Oggi mi è più congeniale un’altra specie d’amore. Quella dove gli anni sono un lasciapassare, una medaglie al valore.

Sì, perché sono felicissima nonna di deliziosi esserini rubacuori che vedo a puntate. Uno di loro, senza pensarci su, mi ha decorata sul campo nonna babysitter. La mia è stata una resa beata, incondizionata. Solo chi ha provato questa tardiva, specialissima forma, sostanza d’amore mi può capire.

Nonni d’Italia

Non so voi. Io mi ritrovo coi sorrisi delle grandi occasioni, a tuttidenti (si fa per dire), come una bambina ammaliata dal sacco appena aperto della Befana, davanti alle ciccine nuove, tenere, che deambulano dondolanti con acuti vocalizzi. Persino quando piangono lo fanno di gusto.

La nonnite non è una malattia, almeno credo, neppure la devianza psichica di un’età che ci vorrebbe ricondurre all’infanzia.

Diciamo che non si tratta di scegliere di fare i nonni. Si tratta di esserlo. E forse con questa predisposizione si nasce, senza saperlo fino al confronto.

Manca la voglia di perder tempo e il tempo di avere altre voglie, soprattutto a chi se ne è tolte a sufficienza al momento giusto. E poi fa bene alla salute quel filino di fatica nel muoversi tra filovia, bus e pure in treno, qualche volta.

Mary Poppins

E così ci si arma di una borsa Maripoppiana per tirare fuori di tutto e di più. Dal Garganella dei Puffi alle caramelle al latte fino a quei micro cioccolatini tanto ostici ai genitori. Li capisco. Vanno perdonati perché hanno le loro ragioni.

Anche noi. Non vogliamo disturbarne le regole, ma cosa non faremmo per corrispondere ai sorrisi dei figli dei figli, per accontentare i loro sguardi interrogativi? E non parliamo dell’impellente bisogno di farsi ricordare.

Lo sappiamo che dobbiamo limitiamoci ad essere presenti quando occorre, con una partecipazione che non disturbi le loro regole e non obblighi noi a scontri notturni con le ossa, a discussioni accese e sterili con i muscoli.

Però è vero che il ricordo di una frase con l’erre moscia, di una risata, di una manina macchiata di tempera, di una carezza, solleva parecchio l’umore. E ci si trova a sorridere nel buio della notte.

Fiorin Fiorello

Non mi credete? Diventate nonni e poi voglio proprio vedere.

Provate a lasciarvi usare da strapuntino per i gioiosi salti di esserini tutti allegri e biricchi. Abbandonatevi al salutare baccano di un biribissaio di giochi e balocchi ad oltranza. E poi ditemi se non siete diventati morbidi anche voi come gelatina.

Non solo figli

Dopo questo intermezzo ludico mi chiedo che cosa direte nel sentire come sono stata nonnizzata.

‘O guarda come si scioglie l’Orsina a parlare dei nipoti. Che sia un po’ rimbambita?’

Lo pensavo anch’io davanti alle smancerie di altri nonni. Quante storie, dicevo, non sono mica figli!

Già, è vero. Il fatto è che i figli si amano in maniera diversa. Quando loro erano piccoli, noi eravamo ancora giovani, timorosi. O forse ce ne siamo dimenticati.

Ora sono adulti, hanno avviato una famiglia, donando uno dopo l’altro, a me, al mondo, questi gioielli che hanno arricchito la mia vita.

Qualcosa è cambiato

Questi ed altri motivi ci spingono far pace con la nostra parte infantile, tanto per sbaragliare chi pretende di appaiarci alle cariatidi dell’Acropoli.

Se non siete stati ad Atene le avrete pur viste in qualche foto. Così altere e distanziate come fossero state costruite ai tempi di una qualche antica pandemia.

Sembra che siano rimaste lì per reggere l’universo. Nessuno le ha avvertite che parecchie faccende, bene o male, sono cambiate. Nei cieli, invasi da ferraglia tecnologica, e pure qui da noi.

Ufo o BOIT ed altri demoni

A proposito di Ufo, o meglio, di quei Brutti Oggetti Identificabili Terrestri che oscurano le stelle e chissa cos’altro.

Ce ne sarebbero di cose da dire sull’argomento e In altra occasione approfondiremo insieme la questione.

Si capisce, vero, che ho il vizio di dissertare? Sono sempre pronta a scavalcare l’oggetto in oggetto come fosse un ostacolo, per volare dietro al senso di una parola che ne richiamia altre, correndo di parola in parola con un infinito gioco che intriga la mia mente più di una tisana alle erbe….

Va bene, va bene, torno in carreggiata. Non mi par vero di badare al qui e all’ora.

La vita in crescita

Torniamo al tema. Alle vite in crescita, votate all’esplorazione del territorio che le circonda armate solo di un’ingenua, rubiconda rubacuori facciatosta.

Alzi la mano chi sa resistere alle argentine manifestazioni di questi giocherelloni sciacciapensieri mentre arrancarano sulla vita che li sta costruendo.

Non mi sento in flagranza di reato per aver abbandonato ciò che ero prima del loro arrivo. O meglio: ho selezionato le esperiene passate per far posto alle nuove.

Ho voluto dar aria, a conferma che la vita si trasforma e ci trasforma. Va avanti ma qualcosa di noi prosegue in crescita nel cammino dei tempi.

Non c’è bisogno di corrergli dietro. Lo fa con tutti. Menomale che non mi ha risparmiata!Cento baci e poi milleE ancora cento ne vorrei dare, scimmiottando Catullo, mentre osservo come si impara a circuire gli inciampi per assemblare le prime idee, articolarle, rifinirle. E come si collegano i primi significati, fino ad appropriarsi della consapevolezza di esistere.Sento, per vie profonde e misteriose, o forse molte semplici, che posso seguire il percorso di quei significati, che posso condividerne la consapevolezza.Grazie nipoti, per ciò che mi state insegnando.

Libera Uscita!

Da tempo non mI godo le sollecitazioni visive o sonore della loro presenza. E menomale che posso vederli e sentirli dalle foto e dai video.

Evvia! Come finisce la pandemia mollo tutto e vado di corsa (di corsa, ovvia…) ad abbracciare il nipotame, quello vecchio, si fa pe-r di-dire, e il nuo-nuo-vo.

Non so voi. Io divento un po’ citrulla e pure balbuziente quando ci penso.

Il fatto è che la mia mente si crogiola quando è appesa, sospesa in uno sventaglìo di dolcezze ed esortazioni birichine a disfarsi in coccole…

Lupetti in fabula. Dal telefonino arrivano delle foto. Scusate l’interruzione.

Io, ora, ho da fare.