I sogni abbandonati
Per capire quanto siamo cambiati, dovremmo rammentare cosa ci è stato accordato o negato dei nostri desideri infantili, scavalcati dai bisogni indispensabili agli infiniti anni dei doveri (o almeno lo sembravano, infiniti…).
Perché non dare una controllatina a ciò che avremmo voluto fare od essere o diventare (non è la stessa cosa), da grandi? A cominciare dal principio, ossia, da cosa sognano i bambini di oggi.
E partiamo dal principio
Leonardo, 8 anni: vorrebbe fare l’ingegnere aerodimanico, ‘ma potrei fare anche l’attore’. Un ragazzino di 13 sogna di diventare youtuber, un altro l’influencer (?), ma c’è chi si ‘contenterebbe’ di fare l’imprenditore. Resta da vedere cosa sarà di questi sogni ancora in costruzione.
Ed ora vediamo cosa desideravano quelli che camminano da varie postazioni sulla strada degli ‘anta’.
Interviste
Uno dei miei figli sognava di fare il calciatore, così dice. Io ricordo la sua affermazione di voler diventare un giornalaio, per leggere tutti i giornalini che gli piacevano. L’altro sognava di diventare una rockstar. Una sorella voleva un marito e sei, dico sei, figli. (Ha raggiunto la quantità auspicata con due figlie e quattro nipoti). Qualcuno avrebbe voluto fare il netturbino, pardon, l’operatore ecologico, quando se ne stavano belli ritti ai lati del camion. C’è chi voleva fare la ginnasta, il tipografo, la critica gastronomica (mica male!). E restaurare opere d’arte, disegnare tessuti, viaggiare (e si emoziona ancora nel sentire qualche parola straniera).
Un’amica mi ha confidato che voleva fare la principessa, ma nell’attesa di un azzurro consorte avrebbe fatto l’esploratrice, anticipando Indiana Jones.
Si sa che quel tipo di azzurro può cangiare in un verdastro simil ranocchio. E così sull’altra sponda, laddove una bianca nuvola potrebbe scatenare fulmini e saette.
Malgrado il mio pessimismo, ammetto di conoscere unioni che stanno sfidando il mezzo secolo ed alcune che lo hanno perfino superato.
Chissà gliequilibrismi e la buona volontà…
La strada maestra
Comunque, nessuno degli adulti intervistati ha realizzato le proprie aspirazioni infantili, banali o azzardate che fossero. Non è detto che sia stato uno svantaggio.
Nessuno dimentica quanta ansia, e fatica è stata consumata nell’adeguarsi alla vita, così come si presentava, per assecondare ciò che chiedeva, offriva, ordinava. E forse è su quei primi desideri inappagati che poggia l’identità che ha facilitato i presupposti futuri.
Io non avevo aspettative. Mi adattavo alle esigenze del presente con incosciente, maldestra disponibilità. Sicuramente non volevo viaggiare e non mi volevo sposare. Ecco, diciamo che i miei desideri andavano per sottrazione, forse perché ho sempre avuto la sensazione di avanzare in un ‘cardo’, scorrevole talvolta, altre parecchio faticoso, e che il ‘decumano’ fosse lì a riempire uno spazio. Insomma, solo per figura.
Quale arbitrio?
Per questo ed altri fondati motivi rifiuto di credere nel libero arbitrio.
Lo so che questa affermazione è sempre accolta con sospetta ambiguità. Tuttavia, a chi non è capitato di sentirsi indirizzare verso mete che parevano ignote, ma che, a ripensarci, sembravano precostruite, belle e pronte e già in attesa della nostra capitolazione?
Ci sarebbe da chiedersi quanto fosse conveniente la fabula di appiccarci addosso le colpe o le glorie del nostro destino, considerando che ‘Non si muove foglia che Dio non voglia.’
E del resto, se ciascuno fosse libero di sé, sai che trambusto di eventi causerebbero dei sassolini caduti con libero corso dentro i ricorsi umani?
Non siete d’accordo?
Ecco qualche dimostrazione.
Non si sceglie dove, quando e da chi si nasce.
Non si scelgono nome e cognome.
Non si sceglie il colore degli occhi, dei capelli, la corporatura, il temperamento. Così come non si scelgono nei figli, se e quando verranno.
Non si sceglie di chi innamorarsi e non dipende da noi l’esserne corrisposti; neppure che da entrambe le parti ci sia la libertà di amarsi.
Non si sceglie dove e quando ammalarsi. Quando e perché morire.
Devo continuare?
Direte voi: però possiamo scegliere le reazioni a ciò che accade. In parte è vero, anche se i nostri comportamenti dipendono da molti fattori, come l’ambiente sociale, l’educazione familiare, le caratteristiche insite nel temperamento, innate o conseguenti a fattori precedenti.
Su questo argomento si impuntano molte resistenze. La giustificazione più corrente è che senza libertà di scelta saremmo delle marionette, dei robot.
Prendo i miei vantaggi e confermo il disaccordo.
Quasi…
Un umanista vantato nei secoli tentò di equilibrare le posizioni con il suo’Discorso sulla dignità dell’uomo’,
‘… Non ti ho fatto né celeste né terreno, né mortale né immortale, perché di te stesso quasi libero e sovrano artefice ti plasmassie ti scolpissi nella forma che avresti prescelto. ….nell’uomo nascente il padre ripose semi d’ogni specie e germi d’ogni vita….’
È nell’orazione di Pico della Mirandola questo passo che dà il visto a parecchie supposizioni sulla morte precoce del suo autore. Quel ‘quasi’ posto in difesa del libero arbitrio e che ne contesta l’assolutismo, è stato molestato ed evirato nelle antiche versioni, secondo l’umana abitudine di eliminare ciò che non conviene. Leggetene qualcuna e vi accorgerete quante volte è stato manomesso.
Se così fosse
Non so che cosa ne pensate voi. Io sento il rimbombo di quel plasmare, scolpire… Questo ambiguo scenario porta a figurare la nostra partecipazione alla vita come se fossimo nati per essere gliartisti di noi stessi nel’universo privato che ospitiamo, e spettatori privilegiati dell’universo che ci ospita. Non è dell’artista raffigurare il mondo e le sue cose per assecondare una visione interiore?
Che sia questo il modo giusto di affrontare il destino? Recitare al meglio la parte che ci è toccata, mettendo alla prova le armi ed i bagagli che ci portiamo appresso: i ‘semi d’ogni specie, i germi d’ogni vita, per sviluppare le nostre tendenze fisiche emotive mentali spirituali…
Se davvero nasciamo germinati da semi ignoti, starebbe a noi suggere le rose fecondate dagli eventi preordinati, per fruttare azioni e reazioni e farne miele da condivisione. Perché sta lì la nostra misura.
Ma guarda!
Siamo alle solite! Volevo parlare delle aspirazioni giovanili, dove portano e come cambiano, e mi ritrovo a spendere logorroichedissertazioni sul libero arbitrio.
Ed ora, come lo ritrovo l’argomento dei desideri perduti?
Vero che sarebbe da chiedersi quale pianta abbia fruttato le nostre prime voglie: un melo? Un fico? O l’albero sapiente che ci ha costretto ad atterrare in questo bellissimo pianeta a spasso nei cieli?
Un dono meraviglioso, troppo perfetto per degli imperfetti come noi. Abbiamo fatto di tutto per guadagnarcelo e forse abbiamo esagerato.
In effetti, era destinato ai poveri di spirito.
Per essere bisogna sognare
Nessuno di noi può esimersi dal sognare, durante il sonno; e forse è salutare farlo anche da svegli.
Millenni abbiamo abitato ed infinite identità ci abitano, in qualche oscuro modo, mai sazi di ciò che siamo, facciamo, abbiamo. Chissà le voglie, i bisogni che abbiamo calpestato per assecondarele pretese di questo mondo e la vita che offre. Come tanti David davanti al titanico Golia, ci siamo inoltrati in territori inesplorati, frugando la vita alla ricerca di noi stessi, ed abbiamo valicato infide paludi, pedaggi da pagare per corrispondere alle convenzioni prestabilite.
Per esserci bisogna partecipare
D’altronde, la vita perderebbe il suo senso se non potessimo sfogare gli impulsi che agitano il sangue, sciogliendo i nodi che ci tormentano nella rassicurante mostra delle emozioni altrui. Non è un caso se molti congegni moderni inducono la misura attraverso la comunicazione.
Che stia nel condividere il gradino più alto dell’evoluzione?
Avevano ragione gli antichi saggi greci e pure il nostro Giordano Bruno: ‘ Niente di nuovo sotto il sole.’
Ecco perché insisto e chiudo riportando il castigo divino che Milton prevedeva per noi, nel suo ‘Paradiso Perduto:
‘Dicono alcuni che ai suoi angeli ordinasse di inclinare di venti gradi e più i poli della terra rispetto all’asse del Sole; essi a fatica spinsero in obliquo il globo che nel centro sta; dicono altri che al Sole fu ingiunto di volgere le redini lungi dalla via dell’equinozio … altrimenti primavera perpetua avrebbe riso con i suoi fiori sulla terra.’ Ma, secondo voi, ‘primavera perpetua’ era intesa come eterna giovinezza?
Orsina
Tratto dal romanzo ‘Vaghe stelle d’Orsina’, per concessione dell’autrice.
Orsina
Tratto dal romanzo ‘Vaghe stelle d’Orsina’, per concessione dell’autrice.