Una premessa
Questi sono tempi di globalizzazione. Sia perché qualcuno non ha messo in cantiere una prole sufficiente (il mio l’ho fatto: due a due), sia perché così è stato deciso e noi, gente comune, possiamo solo adeguarci.
Però, ammettere che il granducato di Toscana è finito non vuol dire disconoscere le proprie radici.
Generalizzando
Noi italiani non siamo rissosi come i francesi, né impavidi come gli inglesi. Siamo gente di pancia e di cuore. Questo si dice, da sempre. La nostra famosa arte d’arrangiarsi consiste nel prendere la vita come viene. E quando non viene per il verso giusto l’arrangiamo secondo l’estro.
O ce ne siamo dimenticati?
Confetti o coltelli?
Confetti e coltelli hanno l’arbitrio nella vita di ogni uomo, di qualsivoglia genia e sotto qualsiasi latitudine. Ora, se è vero che un coltello conta gli spiccioli e un altro scorrazza indisturbato tra muscoli ed ossa, è anche vero che qualche confetto dovrà pur spettarci ai varchi della terza e quarta età. O no?
Accertato che nessuno può evitare il tirassegno, vediamo se conviene mordere o ciucciare i confetti per trasformarli in opportunità.
Veniamo a noi
È accaduto che una sera ci addormentiamo tra i doveri e al mattino ci svegliamo liberi. Possiamo smettere di fare i bravi soldatini. Le prospettive sono mutate,
C’è da tirare fuori tutto l’armamentario mentale per esaminare il potenziale in dotazione. Serviranno i metodi e le misure faticosamente guadagnati nell’umano sfaccendio. Siamo anziani, mica scemi. Mostriamo al mondo che non siamo solo dei ‘puntini puntini’, come direbbe il Rodari,
All’arrembaggio
Ora che non siamo obbligati ad andare all’arrembaggio del futuro, ce ne staremo ad arrambare il presente con le forze residue e tutta la conoscenza accumulata.
Cosa ci impedisce di rivendicare vecchie e nuove passioni, scoprire capacità manuali, esplorare un’immaginazione dimenticata, concedersi libertà mentali?
Perché guardare la vita dal buco della serratura quando possiamo girandolare a tutt’agio su molteplici fronti e svettare indisturbati, o quasi, su una maggiore, e migliore, prospettiva?
Nella terra dei quasi
Volete sapere qual’è la terra dei quasi? È quel periodo che va da come eravamo a come vogliamo diventare.
Ecco. Se la nostra età si svolge con una teoria di quasi, non per questo ci dobbiamo ammosciare. È molto più conveniente, e divertente, trovare il modo di non farci condizionare dalla nostra condizione, mai troppo vecchi per rispondere, a tutti o quasi, gli stimoli che sentiamo affini.
Potremo partecipare alla kermesse umana da molteplici fronti e punti di vista, Anche se sarà un quasi partecipare, dovendo tener conto degli inevitabili limiti,
E poiché ‘del diman non v’è certezza
Cerchiamo di metterci a nostro agio. Trasformiamo le quattro o dieci mura che ci ospitano in un ambiente caloroso, cordiale. E non parlo solo delle stanze di casa.
A questo proposito sarebbe utile ascoltare qualche dialogo che potrebbe svolgersi tra le parti che convivono in noi. Qualcosa di questo genere:
-Qui non si batte chiodo, – dice il corpo, – e quando si batte c’è sempre qualche sovversivo che deve dire la sua.
-Ma di che ti lamenti? – lo rimbecca la mente. – Non sarai un fiorellino, ma puoi resistere, con quelle minestre insipide che ti fanno bene. Purché non le propini a me, in quel che resta del nostro tempo insieme. Non posso andare in letargo, con tanti dubbi da risolvere e perplessità da sanare.
Interrompo qui una discussione che potrebbe finir male. Tanto il senso è chiaro.
Insomma
Approfittiamo della possibilità di godere di vantaggi inimmaginabili fino a pochi anni fa. Chissà quando ci ricapita. Dovendo rinascere ci toccherà rifare tutto daccapo, e prima di arrivare un’altra volta alla pensione ce ne vuole!
Usiamo quel ‘quasi’ vivere che ci attenda al mattino con la certezza di esistere ancora, fattivi in ogni parte, seppure un po’ sciupacchiati.
I giorni del vino sono finiti. Ci restano quelli delle rose. Impariamo a coltivarle.