In questo giardino meraviglioso che è la Creazione, diceva un antico filosofo, il giardino, i giardinieri e i profumi sono la stessa cosa.
Un altro, meno poetico forse, ma più realista, sosteneva che la Natura schiude la sua corteccia e rivela i suoi segreti solo all’uomo che la rispetta.
Ci siamo capiti?
In onore di Herman Hesse
“Vi brillavano allegri convolvoli e gerani, cui facevano eco, nell’ombra, tarde violacciocche gialle; i rosai erano carichi di rose e rigogliose crescevano le siepi di sanbuco e di lillà.”
Dopo ciò che ha detto il grande scrittore, cosa posso aggiungere, se non commemorare le passate, primaverili opulenze?
Giardini delle mie brame
Il mio giardino ideale somiglia, in piccolo, a due che conoscevo bene.
Il primo, nostrano, aveva grandi vasi di bergenie che dominavano i lati di un terrazzo pavimentato con il cotto. Una piana scalinata di pietrisco e ghiaia, coperta da un pergolato di vite, conduceva agli ulivi assolati, a tre ciliegi ed alle fronde ombrellose di un vecchio diospero (o caco, se preferite). Cerco tra i rosai l’angolo dei mughetti, il posto delle fragole, e ritrovo il glicine che faceva capolino dalla soglie delle finestre.
Il secondo giardino si trova in una costa forestiera, affacciata però sul Mare Nostro. Là mi sedevo, sotto seducenti cascate di fiori dai densi colori tropicali. Pareva che danzassero insieme i tralci della bouganville, della plumbago, la bignomia. E forse ancora. Chissà.
Chi è il più bello del reame?
I miei sono ricordi, non lamenti. Ciò che è stato è stato ed è una grazia averlo conosciuto. Vero è che ho sempre fatto dipendere la scelta della mia abitazione, quando potevo farlo, dalla presenza di un giardino, un cortile, un terrazzo. Feci eccezione per un appartamento molto bello. Non oso dire quanta verzura dovette contenere il terrazzino che a malapena ospitava due persone.
Le piante più grandi stazionavano nel cortile condominiale. Qualche volta vi entravo per salutarle.
Sono ancora convinta che una casa senza respiro esterno sia come una bella donna priva di capelli, un auto fuoriserie priva dello spazio di manovra. Dove c’è bellezza, la bellezza resta, però nessun dubbio che manchi qualcosa.
Un toccasana, un amuleto
Oggi il mio spazio di manovra è un cortilotto diviso in due parti. Potrei piantarvi solo alberi bonsai. La plumbago si è adattata, ma un glicine sgretolerebbe quei muri di confine che hanno già qualche ammaccatura.
Durante l’inverno trascuro quei quadrucci di terra, però so che ci sono, aldilà della finestra. E loro sanno che la mia indolenza si spegnerà con l’avvento della primavera.
C’è ancora un freddo birbone; il clima si vendica delle tiepide giornate che ci ha regalato in anticipo. Menomale che non ho tolto le mutande ai limoni. E non ho potato I rosai, mondo befano. Vero che hanno già una profusione di gemme, di boccioli, anche se I miei vicini potrebbero dire che esagero, un pochino.
Il tempo dell’acqua e delle cesoie
Difendo con le unghie e con i denti (quelli che restano) la sessione mattutina davanti al computer, ma ora che le giornate sono lunghe, al sonnolento post pranzo segue un ripartire che si fa rapido dopo il té-tisana.
Una carezza al gatto ed eccomi fuori, a lavorar di lena negli antri sterpagliosi.
A me, mia proda!
Fare e disfare
Il mio passapomeriggi ha delle regole che voglio mantenere.
E così, prima di iniziare le manovre stagionali, mi sono avvicinata alle piante di vecchia data per il rituale saluto. Stavo civettando con loro per farmi perdonare la lunga incuria, ma la beata intesa è finita con l’arrivo falsamente paciocco della belvetta che i figli di Flora, secondo me, chiamano Attila. Ama giocare a guardie e ladri, il lazzarone, ma si cimenta volentieri nel ruolo dell’Otello, pronto a devastare ciò che attira il mio interesse, e dunque il suo. MI affretto ad esibire un’espressione neutra nel salutare di passata il gruppetto di mammole, le margherite (tre), ed i ranuncoli sparsi nel praticello con la tranquillità di chi trascorre le vacanze estive sempre nel solito posto.
Arnesi da giardinaggio
La maggior difficoltà sta nell’aprire il cassetto degli attrezzi. Dopo vari scotimenti e qualche parola irripetibile, sono riesciuta a frugare in un accumulo che nulla ha di artistico. Nella ricerca delle cesoie, piccole e grandi, dei fili metallici ed altri ammennicoli, i guanti escono sempre per ultimi. Forse li diverte il mio timore d’incappare in qualche bestiolina appena uscita dal letargo.
Come trasformare un cortiletto nel giardino di Boboli
Finalmente ho dato il via a piani e conteggi, aiutata dal confortante ausilio dei libri di giardinaggio.
Ho fatto intendere la ragione alla bella ma invadente passiflora cerulea che ambula alacramente dai giardini altrui. Parlano spesso, nei canali cucinieri, di ricette fatte col frutto della passione. Avranno bisogno di cure particolari per diventare commestibili quei tondi, selvatici noccioloni che pendono da ottobre sulla mia testa?
A seguire, ho dimostrato chi comanda alle impudenti foglie intruse che tentavano di far danno ai limoni ancora incappucciati, ed a quel coso, quel fusto che si eleva per togliere la luce all’agapantus….
Avevo appena finito di borbottare contro le verzure che si fanno largo senza riguardo per i miei tesori quando ho scorto le ortiche. O meglio: loro, le malefiche, hanno scorto me.
Tutti gli anni è la stessa storia! Mi è capitato d’affamigliarmi con qualche inedito rigurgito, ma trancio sempre senza pietà quei cespi spinosi. Saranno anche buoni da mangiare, e pure fertilizzanti per le piante, messi a macerare nell’acqua, ma trovarsele alle caviglie è un’esperienza che non vi consiglio.
Lo so che non è Boboli
Prima di rientrare in casa ho dato un’occhiata in giro per controllare che tutto fosse dove e come deve stare.
E intanto respiro un nugolo di aromi da arrosto che sale dalla vascona metallica adibita ad orticello: salvia, rosmarino alloro, il basilico in estate,
Dite la verità. Non sembrava che parlassi del Giardino di Boboli?
È il mio cortilotto e va bene così. Chi mi darebbe la forza fisica e il denaro per misurarmi con simili imprese?
Inno alla natura
Ho voglia di canticchiare. ‘Fioriii! Chi vuol fiori dal mio paniereee…’
Mi accorgo di mugolare, immobile, con le piccole cesoie nelle mani guantate.
Chissà cosa pensano i vicini.
Alla buon ora! Diamoci da fare che oggi non ho ‘compicciato’ nulla! Via al Sangue di bue, ai lupini ed a tutto l’ambaradan necessario a far crescere liete ed arzille le pianticelle.