Cinque dei miei anni infantili li ho trascorsi in un collegio che è stato trasformato in pensionato per anziani.
Ci passavo davanti, ogni tanto, e mi chiedevo se il bel giardino fosse stato mantenuto. E la conca di pietra e il caco, (o diospero come si chiama da noi, a Firenze)? Pensavo di entrare a curiosare, un giorno o l’altro, per controllare se mi piacerebbe viverci.
Non l’ho fatto, ancora, però ho visitato altre case di riposo.
Due case di riposo.
Una sembrava eccellente. Vi accompagnai un amico attore. Era una bella villa. La domenica si faceva musica, teatrino. L’altra, altrettanto bella, sembrava più seriosa C’era gente che chiacchierava, qualcuno giocava a carte.
L’unione fa la forza.
Col tempo ha perso efficacia il fiero motto ‘Chi fa da sé fa per tre.’ Quando le giunture protestano e la muscolatura fa le bizze, è inutile fare gli eroi. Prima o poi dovremo accettare l’aiuto altrui. Che ci piaccia o no è così per tutti
Perché no?
Potrebbe essere una buona esperienza provare un periodo di soggiorno in una casa di riposo. Vi si incontrano persone che hanno condiviso le stesse esperienze ed altre che hanno storie diverse da raccontare.
Perché lasciare a candire le qualità che abbiamo guadagnato affrontando la sfida-corrida col toro-vita. Tutti ne siamo usciti con qualche ammaccatura, in anni di batoste maturate sul campo.
Non vi ricordate? Le riepilogo io. Voi correggetemi, dove sbaglio.
Fare e disfare
Scagli la sua pietra chi non ha preferito, in gioventù, misurarsi con gli ostacoli piuttosto che accettare le esperienze di chi li aveva già affrontati.
Spenti gli azzardi del rifiuto, si arriva nella lunga età di mezzo, ben forniti del solito bagaglio di certezze: io farò di più, noi faremo meglio…
Eccoci al più bieco esempio di contrappasso dantesco: il ‘Come fai sbagli’ che abbiamo imposto al genitorame, ha voltato la faccia contro di noi. C’è solo da portare pazienza; prima o poi tocca anche all’amata prole.
Chiamati all’opera, era tutto un ingollare richiami alla disciplina, per il timore di non essere all’altezza. Volevamo essere presenti, in riga comediligenti soldatini di cui ci si può, ci si deve fidare. Così ‘facendo’ abbiamo accumulato punti e medaglie per andare avanti fino a non distinguere ciò che eravamo da ciò che facevamo.
E avanti siamo andati fino alla pensione.
Gente per tutte le stagioni
Il non compiuto, il non vissuto, insieme a qualche malfatto in fretta e furia di cui ci siamo accorti in ritardo, sciuperanno per anni a venire il concetto che ciascuno di noi ha di sé.
Non sia questo ad abbatterci. Ci vuol altro! Siamo gente ‘per tutte le stagioni’, noi. Ne abbiamo passate tante! Non dobbiamo farci da parte, smunti e derelitti.
E poi: ‘Non sono le razze più forti che sopravvivono, ma quelle che si adattano al cambiamento.’ Capito?
Ho accorciato la citazione, ma il senso è questo. Poco conta che sia di Darwin o che gli sia stata attribuita da un biografo. Stando così le venture umane, scegliamo con attenzione le opportunità che ci vengono offerte, accioché si sia accolti a modo, come avrebbe detto mio nonno.
Ci sono delle lunghe liste. Conviene pensarci, informarsi.
Vispi e desti in ciccia rughe curiosità
È vero che siamo ‘alla frutta’, ma il galateo avverte che c’è ancora il dolce, il caffè e magari il grappino, per chi lo regge.
‘A me piace il dolce.’ diceva una splendida, giovanissima Jane Fonda nel film ‘La ronde’, per adeguarsi alle birichinate dello sposo
Anche se abbiamo superato le bollenti soglie sottintese nel film, gustiamo quanto possiamo di ciò che resta del banchetto vitale. Perché rinunciare ad una fetta di partecipazione se abbiamo possibilità da recuperare ed energie da sfruttare?
Niente impedisce di misurarsi con una vita che ancora si ripropone, che non ci ha dimenticati, se non siamo soddisfati di quella che conosciamo.
Lo so bene, io
Ormai sessantenne, i figli indipendenti, mi presi un periodo sabbatico perché volevo provare un diverso modo di vivere. Molti i motivi di quella decisione e non tutti si realizzarono; però feci esperienze che hanno arricchito i miei ricordi. Non tornai indietro e di questo non mi pento.
Quel che resta del tempo
A me piacerebbe un luogo ameno. Giardino e una camera singola, possibilmente. E niente bromuro nel tè. Non nel mio. Del buon cibo, nuove amicizie, nuovi stimoli, storie nuove, nuovi punti di vista e l’assistenza sanitaria.
Insomma, un contesto piacevole. Potrebbe andare anche un luogo rustico, campestre, purché non somigli ad un caseggiato dormitorio periferico.
Tanto meglio se tra le persone che vi albergano scopro qualche mente con roba fina, qualche etichetta da rilustrare. Ma vanno benissimo anche i comuni vegliardi come me. E chiudo una porta, non un portone, quando ho bisogno di silenzio.
Chiedo troppo?
Sto cercando una siglia che riunisca noi della terza e quarta età.
Potrebbe essere: ‘Confederazione Assistenza Vegliardi Italiani’
Oppure: ‘Anziani di tutta Italia uniamoci. Anzi, di tutto il mondo. Perché porre limiti alla Provvidenza?
Si accettano suggerimenti