Conosciamo da tempo le assurde pretese di coloro che gestiscono i grandi enti statali.
L’ultima dimostrazione l’abbiamo avuta dallo sfratto compiuto a Nocera Umbra, a danno di alcune persone che hanno avuto l’idea di autogestire la loro condizione di anziani senza costi o disturbo per gli enti sociali.
L’idea è eccellente. Ci avevamo pensato qualche tempo fa con un gruppo di amici della terza o quarta età. L’avremmo battezzata Villa Arzilla, a dimostrazione che l’anzianità non toglie la capacità, né la fantasia, di trovare delle alternative senza scadere nel patetismo di situazioni da cronaca grigia.
L’ASL si giustifica dicendo che la costruzione è di sua proprietà. Ma dov’è il danno se un edificio inutilizzato di un ente pubblico della pubblica amministrazione ha trovato il suo utilizzo?
Il fatto è che le capacità organizzative dei cittadini non piacciono ai burocrati arroccati nei loro presidi, forse perché li fanno sentire inutili e privi di potere
Difficile combattere contro un sistema burocratico quando dimentica di essere al servizio dello Stato, che è al servizio dei cittadini. Non è questa la base di quel tipo di gestione delle risorse nazionali che pretende di chiamarsi Democrazia?
Se l’unica autodifesa è la diffusione della notizia, è perfettamente legittimo appellarsi agli organi informativi di qualunque settore.
Non è la prima volta che si compiono dei soprusi in nome di non si sa quale mandato a pretendere.
Esempi ne abbiamo avuti.
Tornano alla memoria le spoliazioni compiute dall’allora USL a danno degli artigiani fiorentini. Nei loro laboratori, attrezzati da centinaia di anni in luoghi bellissimi del centro storico fiorentino, si realizzava quell’arte artigiana che è diventata famosa in tutto il mondo.
Arrivarono bande armate di metro e blocchetti per prendere le misure di queste strutture che furono costrette a chiudere, talvolta anche a causa di qualche centimetro d’altezza e roba simile.
Grazie a queste decisioni, gli artigiani avrebbero dovuto trasferirsi in anonime costruzioni, posizionate nelle zone depresse, fuori dal contesto cittadino. E nel frattempo il prezzo di quei capannoni era ovviamente lievitato.
Fu quasi impossibile vendere strutture contrassegnate come categorie non abitative, condizione indispensabile per poterle usare a scopo lavorativo, e dunque non potevano avere l’accesso ai mutui bancari.
Conobbi alcuni artigiani che dovettero abbandonare l’attività di una vita e visitai i meravigliosi laboratori che stavano perdendo.
Non ho mai dimenticato le loro espressioni arrese. Che spreco! E che ingiustizia!
Oggi molti di quei luoghi sono abitati. Alcuni sono tornati ad essere adibiti a ‘studio’, termine che consente alcuni lavori manuali. Ma un grande patrimonio di sapienza è andato perduto.