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IN DIFESA DELL’ETÀ INVISIBILE

Aria, vegliardi! Fate posto!

Quando noi eravamo giovani, quelli che entravano nell’età invisibile erano rispettati. Avevano lavorato tutta la vita, così dicevano, ed il riposo se lo erano guadagnato. Doveva invecchiare la nostra generazione perché fossero, fossimo, considerati un peso e un costo.

Anche la nuova pestilenza ci ha dato dentro e c’è il sospetto che se la siano inventata per fare pulizia e sgombrare il campo dalla gente di ‘una certà età’. Eccheccavolo!

Potenza delle frasi fatte

Il potere dissacrante dei modi di dire! ‘Tu che hai una certa età…’ Ai tuoi tempi…’ Per non parlare di eufemismi come ‘babbioni’parola nota al Lasca ed al Carducci per indicare grulli e citrulli; o ‘carampane’ da Ca’ Rampani, il rione veneziano che anticamente ospitava le prostitute.

Come conosco l’origine di ‘carampana’? A qualcosa servirà la zattera di Internet!

La parola alla difesa

E così corre il ricorso alla difesa. Tuttavia, dobbiamo essere imparziali e un tantino clementi nel giudicare lecontumelie a nostro danno. A me conviene sicuramente. Non so cosa ne pensate voi, ma io non posso privare la controparte di ragioni. Due sono i validissimi motivi: il primo, personale, è che figli e nipoti potrebbero togliermi il saluto; l’altro, più generale, è che siamo stati giovani anche noi, sebbene i giovani non ci credono.

Cerchiamo di capirli quando ci rispondono con sassate di parole. Tesi asvicolare dalla strada che la generazione precedente imponeva, vuole, chiederà (il verbo corrisponde al mutare dei modi e dei tempi), saranno dispiaciuti a posteriori per aver trasformato i timori in accuse che hanno preso la via di sfogo. Proprio come accadeva a noi.

Presto si accorgeranno che la giovinezza si fugge tuttavia, ed è bene saperlo subito quanto sia passeggera.

Chi ha inventato l’acqua calda?

Va considerato il fatto certo, anzi certissimo, che non l’hanno inventata loro l’acqua calda. Cosa si credono? Neppure noi si scherzava nell’insolentire gli avipiù prossimi. Vadano, vadano i giovinastria controllare! Termini come bacucchi, cariatidi, mummie o matusa (da Matusalemme, ovvio), rientravano nel modello convenuto per denigrare i nostri vecchiarelli.

Non si contano le frasi di questo genere: ‘Il mio dirimpettaio ha fatto due guerre.’ – Sarà stanco morto. – ‘Più morto che stanco, ma nessuno glielo ha detto.’ ‘Il fornaio era partigiano e stava per essere fucilato. – Per questo è un po’ rimbambito? – ‘Macché! È morto ieri e non se n’è accorto. ‘Omammmamia, chi poteva immaginare che quella ‘vecchietta dell’aceto’ fosse una bellona,ai suoi tempi!’ – Ai tempi di Cleopatra? –

La risposta preferita

Le tiritere continuavano: Tizio è stato… Caio ha vinto… Sempronio ha visto…

E noi: ‘Ma che bravi sono stati!’ Così veniva parodiata una delle pubblicità di ‘Carosello’, quella di Calimero, il pulcino nero: ‘Or che bravo sono stato posso fare anche il bucato.’

E ridevamo pure. Che screanzati! Potevi ascoltare senza infierire, ma quel passato ancora prossimo era risolto con sarcasmo perché è difficile praticare la misericordia quando non siamo stati misurati. Ottenevano un blando interesse i grigi corridoi di un vissuto che ospitava nugoli di esperienze e azzardi e vittorie e delusioni. Raramente le memorie che potevano trasmettere oltrepassavano il vaglio delle emozioni. Le folate di osanna o di sdegno erano riservate alle cronache di attualità para politica o magari scandalistica di gente schiribillosa, istrionica, ma anche eroica, pronta a deridere o provocare il malcostume di turno.

E diciamolo, via, che per i giovani di qualunque epoca e costume i vecchi nascono vecchi e amen.

Torna in mente la favola-ammonimento sul piatto sbrecciato da riservare al vecchio di casa. Un’antica lezione sul non fare ciò che non vuoi sia fatto a te.

Ci siamo intesi? Oggi a noi, domani a voi.

Animo figlioli!

Tranquilli, dalli e dalli arriverete a Canossa, dove imparerete che le feste di riconciliazione durano assai poco. Lasciamo a voi il compito di credere che dietro ‘l’angolo’ di questa palla ci sia un mondo nuovo, migliore. Scoprirete a vostre spese che stuzzicare i concetti costituiti in cambio di utopici ideali non impedisce la legge di compensazione, ché se una parte migliora, ce n’è sempre un’altra a rischio.

E vi va bene che vi sia toccato l’oggi. Le generazioni precedenti, e alcune ancora, avevano le loro guerre per smaltire le energie da tenere a freno. Eppoi c’era il servizio militare che insegnava ad obbedire ai superioriViene il sospetto che il detto antico’Se vuoi la pace prepara la guerra’,avesse il sottinteso di togliersi di torno, non il vecchiarellume, ma le belle, fresche, energie in esubero.

Meditate pivelli!

Guerre mondiali Guerriglie domestiche

Il problema sta nelle dissonanze tra i bisogni delle diverse caste, che di caste, infine, si tratta. Se è un problema tenere a bada le ragioni dell’irruenza giovanile da parte di coloro che si trovano nell’età adulta, attaccati con braccia e gambe al daffare in corsa, come vi possono riuscire dei vecchiarelli tanto inutili e rompiballe da essere maltrattati perfino dal virus in circolazione?

Ogni nuova leva se la vuole inventare la vita, consumando l’eccesso di energie sul piede di guerra, anche se con l’altro auspicano la pace. E ce ne vogliono di confronti, avanti di raggiungere la consolante certezza che gli esemplari della nostra specie, di qualunque luogo ed epoca, hanno affrontato gli stessi sentimenti e capitomboli prima di adeguarsi a ciò che altri fanno e disfano.

Ma chi? Noi?!

O com’è che ora ci viene rinfacciato di tutto, dall’ostinazione nel resistere, in barba al sovraffollamento ed al costo delle pensioni, fino alla de-cadenza del pianeta.Ma è proprio vero che lo abbiamo fatto noi un simile disastro? Noi che sognavamo i Garibaldi, gli Zorro, i Robin Hood, i Che? Noi che non abbiamo voluto guerre, se non imposte da altri, noi che abbiamo modernizzato il costume per costruire un mondo migliore…

Nessuno più di noi, ragazzi del dopoguerra, sa quanto fosse difficile accettare l’autorità di chi ritenevamo colpevole di aver contribuito, volente o nolente, ad eventi irrimediabili. Il destino non sarà stato nelle mani dei nostri genitori, presi uno ad uno, ma il risultato finale lo avevamo sotto gli occhi.

Chi poteva immaginare che anche noi saremmo stati accusati di eventi decisamente irrimediabili? E menomale che adesso si scoprono gli altarini. Pare che le prime avvisaglie sul pericolo planetario risalgano ai primi del 1960, quando noi eravamo solo dei fanciullini. Rifatevela con quelli che oggi avrebbero, più o meno, 100 anni.

Sono incorreggibile

Santi numi! Alle solite ho divagato dal tema che mi ero prefissata: come goderci gli anni invisibili. Non è forse vero che sempre si ricomincia dal principio? Anche le nostre cellule cambiano continuamente, e senza il soccorso della chirurgia estetica. Misteri delle ingiustizie umane: com’è che loro si rinnovano e noi s’invecchia?

Bando a piagnistei e patetismi. Occupiamoci delle nostre faccende che è meglio, ora che siamo in crisi d’astinenza dal vivere, dopo i consensi ed i nonsensi degli infiniti anni dei doveri. O almeno lo sembravano, infiniti.

Arresi davanti ad un presente che sembra privo di scopo, non sappiamo quante pagine bianche restano nel nostro diario, ma sono convinta, convintissima che non vadano scarabocchiate solo con pratiche uggiose e foto ricordo. È inutile star lì a rimestare nell’attesa delle ricorrenti imprese del minotauro personale.Qualcos’altro dovrà pur venir fuori dai nostri polverosi cilindri, per incitare la nuova, giovane vita da vecchi, dopo le fatiche della vecchia vita da giovani.

Convenuto sui bisogni primari, il trittico Salute Famiglia Casa, si vada qui ad illustrare altri settori molto utili nella terza e quarta età. Mi riferisco ad amici, passatempi, giochi, svaghi… Primari anche questi, perché tengono alto il morale.

Sennò, cosa ne vogliamo fare delle residue energie? Segatura?

Ecco perché insisto

Abbiamo tempo e coraggio per partecipare al grande biribissaio, finché possiamo ed a modo nostro, senza evitare i bordi. Ci siamo abituati a stare cavalcioni nei confini. Su molte prospettive ci siamo distesi e molti orizzonti ci hanno sorretto. Ne abbiamo visti di mutamenti, abbiamo già sofferto di illusioni. Oggi possiamo contentarci della consapevolezza. Che sensazione di riposo dell’anima, respirare il mondo e le sue cose senza attese o pretese.

A noi si addicono le nuance di mezzi toni da quando i nostri angoli si sono fatti curvi, ma se qualche pennellata barocca ci piace, ci somiglia, nonrinunciamo a riaffacciarsi alla vita con le follie compensatorie e la voglia di strafare che ci siamo negati. Diamo una sferzata allo spirito sonnolento e pigiamo il vigore sui sensi sciupacchiati, tanto per spendere il tempo residuo a diventare ciò che eravamonati peressere.O almeno, a chiederci se siamo come avremmo voluto essere, anche se comporterebbe una conoscenza più approfondita del sorprendente, incompreso apparato mentale che ci portiamo appresso.

Si dice che il cervello sia l’intestino della mente e che abbia svariate diramazionisu cui baloccarsi. Chissà cosa potrebbe uscire da quei labirinti se ci mettessimo il foraggio della curiosità! E quella non è roba che puzza…

Ocean cleanus

In chiusura vorrei condividere la meraviglia per l’Ocean cleanus, l’enorme macchinario che elimina dai mari il vecchiume abbandonato…..

Ohinoi! Mi è proprio scappata!

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Curiosità

Talenti nella terza e quarta età

È dimostrato che le persone si possono distinguere in molti modi. Uno di questi e il loro talento.

O senti l’Orsina che naviga ancora sui talenti, direte voi.

Il fatto è che qualsiasi manifestazione proviene dal bisogno di condividere qualcosa di sé con gli altri, anche se non sempre ne siamo consapevoli.

Oggi voglio inoltrarmi in due forme di talento. L’oratoria e la scrittura.

Andiamo agli antefatti

Ho sempre ammirato le persone che sanno mantenere una conversazione.

Io posso dialogare decentemente con due/tre familiari, o amici, per volta. Ma come sale il numero della compagnia, scema la mia capacità di sensata partecipazione.

Qualunque sia la circostanza, resto zitta e mutola, il sorriso scipito e anchilosato.

E peggio è quando m’impunto di cavarmi d’impaccio con qualche banalissima ‘frase fatta’. O magari attacco a parlare dei fatti miei con il ritmo di una mitragliata, quasi sempre fuori contesto e ragione.

Mi vengono fuori delle strampalagginisimili a questa, e non ci rinuncio anche se faccio uggia a me stessa, figuriamoci agli altri.

‘Se avessi saputo non avrei venuto,’ diceva un monello in un vecchio film.

Quando ci torno sopra con solitario flagello, posso solo compatirmi o ridere o tutte e due le cose insieme.

Nessuno è perfetto. O no?

Ho condotto per anni queste revisioni notturne.

‘E perché hai detto così? Avrà pensato che volessi offenderlo/a? Che scimunita sei!’

Tuttavia, non credo che stia meglio di me chi non ha l’abitudine di analizzare il proprio comportamento. Chissà la poltiglia che si tirano dietro! O non si sa che è sempre sbagliato il momento scelto per franare sull’autostima?

Secondo me le ricorrenti fustigazioni, date con mano leggera, fanno meno male.

Tutto giusto, a parole, però una sera ho detto basta. A che serve la fustigazione sulla collezione di figurucce, sapendo che la volta successiva ricomincio daccapo?

Mi voglio bene, mi sono affezionata a questo essere di cui ho l’esclusiva

E poi nessuno è perfetto. Perché dovrei esserlo io? A giudicare dagli esempi, sembra piuttosto faticosa, la perfezione. E pure nefasta, dai risultati.

Il periodo dell’esposizione

Malgrado queste considerazioni, continuavo ad ostinarmi nell’organizzare cene con gli amici e persino con qualche conoscente o giù di lì, in specie nel periodo ‘teatrale’. E menomale che potevo contare su amiche portate alla convivialità, altrimenti sai che barba si facevano, tutti quanti!

Ancora non so spiegarmi la ragione di quelle serate, da parte di una disorganizzata come me, e pure in cucina. Quando il lasciapassare sociale è scaduto, sono tornata con sollievo a secondare i miei interessi e i miei bisogni senza far clamore.

Ho ridotto le amicizie ai minimi termini e svicolo dagli impegni che costano fatica, anche se quando me li concedo ne esco stimolata.

È finito così quel periodo che chiamerei ‘da esposizione’. Nell’età della pensione l’ossatura chiede sostegno, riposo e coccole per durare a lungo.

L’oratoria

A questo punto ho dimostrato che non sono, né mai sarò, un’oratrice, né un’attrice. Posso solo dissertare, dal mio punto di vista, su ciò che non accomuna l’oratoria e la scrittura, sebbene sembrino, e forse sono, le facce della stessa medaglia.

Non sarò certo io a negare le difficoltà di esporsi davanti agli estranei. Anzi!

L’errore non ha rimedio. Ciò che è detto è detto ed a poco serve il ricorso alle gestualità del corpo, alle espressioni del viso. Che inciampo spaventoso dimenticare qualche brano del fervorino, del tema delconvegno, di un copione!

E tossire o starnutire? E se il pubblico non applaude?

Altro che il biasimo per le mie scene mute a tavola!

La giornata dello scrivano

La scrittura non chiede il consumo di corde vocali e di movimenti corporali. È sufficiente un minimo corredo di oggetti e l’uso delle mani.

Anche del cervello, ovvio, ma quello serve a tutti, più o meno.

Nel mestiere dello scrivano c’è tutto l’agio di mascherare le insicurezze con l’ironia. Ti affacci sopra una kermesse di personaggi scombinati per combinarli con frammenti d’essere che hai incontrato, conosciuto, immaginato, perduto. E intanto ti confessi, e non come avviene davanti al prete, ma per simboli sparsi, sogni ad occhi chiusi e aperti, come si fa dallo psicoterapeuta.

Detto questo, dove avrei potuto rifugiarmi, se non esistesse la scrittura?

È andata così fin dall’adolescenza. Ma questa è un altra storia.

Ferrea a chi?

Quando sono presa dalla scrittura dimentico di fare la spesa, telefonare, perfino mangiare, se la stomaco non reclamasse le sue ragioni.

Ho tentato più volte di applicare una ferrea disciplina ad orari e competenze. Ferrea… Ma va’. Diciamo che spartire il tempo tra le necessità del vivere e dello scrivere è utile per fare la ‘posata.’ Un giudizio fresco consente, giorno dopo giorno, di rileggere, tagliare, aggiungere, aggiustare la creatura imperfetta fino a portarla alla prima stesura. Riposerà in un cassetto e nel file sapendo che mai rinuncio al lusso, simile ad un vizio, di apportare successive correzioni sulle controfigure multiple che sono in attesa. Qualcuna mi saluta, festosa; altre, impermalite, corrispondono al mio nterrogatorio sbavando giustificazioni: io sono un prototipo. Rivolgiti all’autore. Dovreste far comunella.

Hai voglia di minaccare gli spiritosi che piglio la scopa e li ramazzo fuori dalla storia! Tanto lo sanno che saranno raccatti, ripuliti e pure lisciati.

Le irragionevoli ragioni

Qualche volta mi pare che un suggeritore lanci da chissadove frasi di senso compiuto, come fossero caselle di un puzzle sparpagliato. Ame, tapina, resta l’onere di sistemare ognitassellonella sua collocazione.

Ecco perché condivido questa affermazione di Nietzsche:”Viviamo nella presunzione di pensare, mentre è possibile che noi veniamo pensati.”Da chi, direte voi. E che ne so, io?. Certo è che questi pensieri hanno un gran fretta. Bisogna correrre a trascriverli per non disperderli.Capita che non sia facile inserire questi volatili ragionamenti, irragionevoli fino a quando trovano il contesto adeguato.Però è un esercizio parecchio stimolante.

Pensieri al pascolo

Alcuni appunti, raccolti in corsa su foglietti vaganti, non trovano impiego e restano in giro per decenni. Quando li ritrovo mi accorgo che la via d’approccio per utilizzarli potrebbe essere un rebus, oppure una scrittura astratta.

Un esempio?

-Dante e il suo alleato l’hanno pensata bella

-x i quanti esiste ciò che è veduto i ciechi nisba

-domani pago enel sennò staccano

-tempi accesi d’amore xxxxx dall’eterno ritorno

-latte pane dalla Sabrina che son + boni

-a far mercato del magma di verità e bufale.

Ho aggiunto solo le barrette all’inizio. Per il resto ho ripetuto quello che sta scritto nel primo biglietto che è capitato sottomano, con le stesse sospensioni delle x e la mancata punteggiatura. E non avete visto le posizioni delle frasi, sparse qua e là, sopra e sotto, usando biro di diversi colori.

Mi accorgo che sembra uno di quei giochini birbi dell’adolescanza. Ricordate le pagine ripiegate per nascondere ciò che è stato scritto da qualcun altro?

Abbandoni catatonici

Le bufere dell’oggi mi trovano col cervello intontito quando sfilano davanti al tavolino della cena. Zappetto tra i canali tivvù evitando scene da incubo e saghe sentimentalifere sulle brughiere inglesi rivisitate da cineasti alemanni. I salvanottesono film o fiction che consentono un veloce abbandono ad uno ‘svenimento’, o una ‘colica di sonno’, come mio cugino chiamava i miei sonni improvvisi, durante conversazioni familiari sul far dell’alba.

Se scelgo di leggere un libro posso dire addio alle 5-6 ore di pisolo canonico. Vero che interrompo la lettura quando voglio, ma è difficile isolarsi con Morfeo quando hai voglia disofisticaresull’immaginario altrui.

Un consiglio per i miei coetanei della terza e quarta età.

Non vi manchi un futuro che assolva le doti trascurate, date aria agli estri tuttora inoperanti, risvegliate quelli dormienti, raccogliete i dispersi.

In fin dei conti, tralasciando gli amori vissuti, gli affetti sopravvissuti, di noi resta ciò che siamo nati per essere, per diventare. Il fare è una conseguenza asservita alle circostanze, l’essere solo a se stesso.