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Curiosità

Traslocare nella terza e quarta età

Prima di dare il via alle lamente sui traslochi ci vuole un cappello. Pure calze e camicie ci vorrebbero. E una bella metafora.

Capire a seguire.

La dispensa

Mi sono fissata su questa parola da quando un’amica aprì davanti a me una porta nella parete della sua cucina. All’interno vi era accatastato un miscuglio di riserve alimentari che rese misero e anche stupido il mio modo di comprare via via quello che serve per qualche giorno ed essere, poi, sempre sprovvista di qualcosa.

Ora lo so. Ognuno di noi è una dispensa. E pure le nostre case lo sono.

Il trasloco

Prima di ogni trasloco, la mia parola di battaglia è: selezionare.

Smisto per benino le categoria di ammennicoli dentro le casse e sopra scrivo cosa contengono. Porto i libri che non mi sono piaciuti laddove vi sia qualcuno disposto a leggerli ed elimino il superfluo che pigio in quei sacchi della nettezza grandoni e neroni, sicuramente i preferiti dagli ammazzasette per nascondervi cadaverici malloppi.

E com’è che mai funziona come avevo previsto?

L’ultimo

Dopo diverse traversie, l’ultimo ‘sgombero,’come si dice da noi, mi ha visto parecchio determinata, tipo sfida all’ok corral. Una serie di elenchi pre-preparati erano pronti a soccorrermi nel sistemare la nuova abitazione prima e meglio del solito.

E così è stato, ma senza strafare, ché certi scomparti del mio vivere non trovano tregua né loco che possa in qualche modo rendermi meno arrabattate le ricerche.

Disavventura

Una decina di neri involti era stata divisa dai traslocatori in due categorie: quelli contenenti la roba da buttare e quelli dove avevo messo gli oggetti che potevano stare all’aperto.

Abituato al nostro solitario duetto: lui Tarzan, io Jane, salvo qualche visita raminga, il mio gatto si fece spaventare dagli uomini nerboruti che sviaggiavano per casa. Hai voglia di cercarlo! Fui colta dal dubbio che si fosse nascosto in uno dei sacconi, ormai chiusi e portati, ben divisi, nell’androne del palazzo.

Scesi per tastarli e alcuni, sospetti, dovetti spostarli per poterli aprire.

Tarzan non c’era e mancò il tempo per tprnare a distinguere il bono dal pocobono. I camion erano già fuori dall’uscio, con enorme dispendio di voce dei soliti impazienti, a piedi e in auto.

Nel frattempo la belvetta si era dato alla macchia dalle terrazze del vicinato, Fortuna volle che trovasse il cibo da una simpatica gattara dei dintorni.

La parola alla difesa

Cos’altro potevo fare?

I traslocatori si arrabbiarono nel vedere che avevo scombinato il loro lavoro. Non capisco perché, visto che era mia la roba finita nell’immondizia.

Eppoi, ad una persona della terza e quarta età si può perdonare l’attaccamento al proprio gatto unico. O no?

Cose di casa

Raggiunto il nuovo domicilio, e siamo ancora al voi, c’è da posizionare il nostro carapace a rimorchio in ambienti diversi da quelli precedenti.

È questo un lavorio parecchio faticoso per una persona ‘nonpiùgiovane’.

Lo so bene, io. Che dico? Nessuno lo sa meglio di me.

Una casa ancora disordinata è difficile da gestire, in specie quelle dove sono state immagazzinate collezioni di aggeggi babbionici. E più difficile è barcamenarsi con gli equilibrismi, se le giunture pretendono di essere trattate con riguardo. Con molto riguardo.

Più facile inciampare in una delle casse, scatoloni, fagotti che ingombrano ogni angolo della nuova abitazione. Al mattino siamo ancora sonnacchiosi e dimentichi dei ridottissimi spazi di manovra; ila sera perché incombe il rincitrullimento, dopo una sfibrante giornata di lavoro. E magari ci sembra di non aver ‘compicciato’ nulla.

Ordine!

Massì, la soluzione ce l’avete voi, precisini di qualunque età e grado

Lo so anch’io come recita il proverbio: ‘Un posto per ogni cosa, ogni cosa al suo posto.’ Figuriamoci. È una vita che ci provo.

Molte volte mi sono detta che devo imparare, non dico a dare un ordine alle dipendenze della mia vita, ma almeno a scegliere i loculi appropriati per ritrovarle, quando servono.

Non si butta via nulla

Sia chiaro: io non.sono una che spende denaro che non c’è nei generi extracibo. Eppoi, lo sanno tutti che sono restia a separarmi dalle mie cianfrusaglie.

O non si sa che il motto degli anziani è: ‘Non si butta via nulla.’

Per forza! Tutte le volte che l’ho fatto me ne sono pentita. Spendo giornate in cerca di oggetti che si rimpiattano per farmi dispetto o che hanno preso la via dell’uscio senza avvertirmi.

Misteri

Perse le cose buttate e quelle sparite per conto loro, il mio corredo dovrebbe alleggerirsi. Giusto?

Invece, resta sempre da accudire un immane rimescolio, malgrado l’assoluta certezza di aver raggruppato in settori specifici ciò che è utile, necessario, indispensabile, tenendo a vista lo scatolone degli oggetti d’uso immediato

Voi non mi crederete, ma vi assicuro che si nasconde un qualche mistero dietro le sparizioni di cose che mai si saprà dove son finite; e pure del rigurgito continuo, e dai posti più impensabili, di oggetti di cui avevo dimenticato l’esistenza.

Selezione

In teoria, dovrei portare con me solo ciò che è essenziale, ora che sono finite le incombenze che riempiono le giornate di una donna di famiglia o in carriera.

Va detto che sarebbe una lunga storia confessare ciò che si può ritenere irrinunciabile in un contesto solitario come il mio, ma pur sempre para civile,

Ecco perché è stato più volte imperativo creare un elenco per dividere le pertinenze.

Uno- Documenti più o meno economici, per non trovarsi nei guai

Due- Qui stagna la fucina dei cenci e degli arnesi necessari alla sopravvivenza

Tre- Il resto è roba assolutamente iindispensabile alla mia super-vivenza, inclusi i computer. Il più ‘maturo’ d’età è ancora il favorito, però non si sa mai.

La disfida

Il problema non deriva dal sistemare vestiti pentole e ricordi nei siti appropriati. E neppure dagli scritti degli amici di ciccia o penna o capitati in casamia per chissà quale caso, ma a cui non riesco a rinunciare.

É la conseguenza della traboccante marmaglia cartacea di una grafomane all’ottava potenza.

Cento, che dico, mille volte cento, ho provato ad affrontare i cumuli di carte piene o semi vuote di scrittura. Scartafacci quadernoni, quaderni, blocchetti, fogli d’ogni misura e forma e decine e più di inserti contenenti ciascuno varie copie d’ogni romanzo racconto copione poesia, il tutto scritto, riscritto, stracorretto e da ri-ricorreggere.

E poi biro e lapis e gomme e appuntalapis, il tutto di varia natura e specie, anche quelli da bambini, che in casamia li trovate dovunque, perfino davanti al cesso.

Questi e quelli

Ogni volta che accetto la contesa, mi sembra di masticare quelle fettine di carne filose e troppo dure da mandar giù. Sposto qualcosa a sinistra, qualcos’altro a destra e nel centro metto un altro gruppo. E poiché, come avviene in politica, tre postazioni non sono sufficienti, occupo ogni base d’appoggio che mi circonda fino a quando non ci capisco più nulla.

Ovvìa, una decina di foglietti li butto, ogni tanto, maserve a poco se trascrivo le frasi, sempre un po’ modificate e allungate, da qualche altra parte. Ciò che resta fa presto a ringonfiare, con gli appunti successivi.

Pandemonio

Lo so che una persona di normale ostinazione deve venirne a capo.

Io, dopo aver passato ore, inchiodata e polverosa, a smistare fagotti cartacei da una parte all’altra, cerco di radunarli alla bell’e meglio con l’antipatica sensazione di aver dimenticato qualcosa.

O forse solo di aver perso un mucchio di tempo.

Così mi aggrappo alla solita, diabolica, rassicurante frase: ‘Ci penserò domani.’

E a seguire: ‘Domani è un altro giorno.’

Tanto, come diceva Spencer, ‘Niente è perduto che non si possa ritrovar cercando.’

Bella, è?

Mi calza a fagiolo!